Dieci mesi di guerra in Ucraina
Un breve sguardo retrospettivo su obiettivi invariati e cambiati
1. Torniamo al punto di partenza: la Russia conduce un’“operazione militare speciale”, con Kiev come obiettivo e nell’est dell’Ucraina, con l’esplicito intento di far cadere il governo che si uniforma all’Occidente – la UE e la Nato – e rimpiazzarlo con uno pro-Russia. L’occupazione dei territori confinanti con le Repubbliche Popolari di Donetsk e di Luhansk nell’est del Paese, leali a Mosca, dovrebbe proteggerli da costanti attacchi e incursioni da parte delle forze ucraine e garantire militarmente l’annessione della Crimea. Allo stesso tempo, la Russia dichiara che il suo ben più ampio obiettivo strategico è quello di garantire la propria esistenza contro l’avanzata dell’alleanza bellica occidentale fino ai suoi confini a ovest. Essa vede nella strumentalizzazione, da parte della Nato e dell’UE, del suo vicino sul Mar Nero per farne un avamposto anti-russo, possibilmente anche per lo stazionamento di missili americani a media gittata, una fondamentale minaccia alla sua propria capacità di difesa strategica – minaccia che deve essere respinta.
Questi due obiettivi si trovano su due livelli abbastanza differenti. Il secondo va ben oltre un cambiamento di potere all’interno dell’Ucraina. Anche se questo avesse successo, non rappresenterebbe alcuna seria assicurazione contro le ambizioni dell’alleanza occidentale, così come la Russia le vede e prova a respingerle in Ucraina, cioè neutralizzare la Russia in qualità di avversario strategico, distruggere il suo potere e rimuovere il grande Paese dal palcoscenico della politica mondiale. Tuttavia, sul piano pratico con la sua invasione e sul piano diplomatico con la sua doppia dichiarazione di guerra, il governo russo mette insieme questi obiettivi di guerra – quello locale e quello strategico.
Che, sia dal punto di vista di Mosca sia in realtà, l’attacco che mira a liberarsi dell’avanzata occidentale superi qualitativamente la dimensione di un’“operazione speciale”, con la sua denominazione e la sua portata intenzionalmente di basso profilo, contro i “fascisti” che governano a Kiev, pone in agenda un conflitto di un ordine completamente differente da quello locale o regionale. Il governo russo ha reso ciò esplicitamente chiaro avvertendo gli Stati Nato di dover fare i conti con una distruzione senza precedenti se provassero a fermarlo in Ucraina. Ma lo stesso avvertimento, che eleva la sua operazione in Ucraina a caso di confronto globale tra Russia e Stati Uniti e i suoi alleati, riduce anche quel grande conflitto strategico alla dimensione di un'operazione di salvataggio per un'Ucraina filo-russa che l’ostile Occidente dovrebbe semplicemente concederle. Da una parte, si rivolge esplicitamente al potere mondiale unito dell’Occidente come avversario con il quale si sta propriamente scontrando in Ucraina e, dall’altra parte, insiste altrettanto esplicitamente sul fatto che, lì, non si stia realmente scontrando con il suo principale nemico strategico, almeno non direttamente, ma ci si scontri solo per ottenere dall’Occidente una concessione in merito a un cambio di regime a Kiev. I due obiettivi di guerra si negano a vicenda. Questo è come il governo russo li intende, vedendoli però allo stesso tempo come se fossero un’unica cosa.
Nell’azione militare, definita e portata avanti intenzionalmente in questo modo limitato, che ha un obiettivo strategico che va ben oltre il campo di battaglia ucraino, si identifica la ragione per la guerra che non è ascrivibile al solo calcolo contradditorio che fa il governo di Mosca, ma è contenuta nella ragione di Stato che questo sta mettendo in atto e quindi in essa trova la sua necessità. Con il suo potere deterrente basato sull’arsenale nucleare, secondo per potenza nel mondo, la Russia è la grande eccezione nell’ordine imperialista della pace mondiale stabilita e salvaguardata dagli Stati Uniti e i suoi alleati. È un’eccezione in senso qualitativo, in quanto riesce ad essere realmente autonoma nel definire e imporre la sua sicurezza, base e garanzia della sua libertà di azione globale, contro il regime di deterrenza americano/occidentale. Questa libertà, quintessenza del potere strategico mondiale, del primo e decisivo contenuto della ragion di Stato russa, richiede la capacità e la volontà incondizionata di andare in guerra contro chiunque sfidi questa libertà; dunque la guerra come necessità – in questo caso principalmente anti – imperialista. È questa ragione di Stato che il governo sta servendo a propria discrezione e secondo i propri criteri nel definire quando e dove vede una violazione ai suoi interessi di sicurezza e coglie le opportunità di imporre o garantire il rispetto delle sue libere decisioni discrezionali negli affari politici globali. Come ora in Ucraina.
2. I due avversari presi di mira, il governo aggredito di Kiev e la Nato alle prese con la deterrenza russa, rispondono prontamente e in conformità al duplice obiettivo di guerra, anzi più precisamente, in linea con la sovrapponibilità dei due differenti obiettivi di guerra che la Russia sta portando avanti con la sua invasione. Il governo ucraino pone il suo Paese in stato di guerra e apre la battaglia per la sua sovranità, fin dal principio, con mezzi ben al di là delle sue proprie capacità nazionali, poiché – ed è questa la parte molto più importante - il principale nemico strategico della Russia, l’alleanza bellica occidentale, fin dal primo momento dichiara sé stessa l’oggetto dell’“operazione militare speciale” russa. Con le sue armi e i servizi logistici che manda in battaglia, con l’impegno solennemente affermato per la protezione dell’ordine di pace europeo, per la salvezza del suo oggetto di protezione sovrano nell’Europa orientale e per una resistenza implacabile contro ogni correzione non autorizzata di confini ovunque nel mondo, dichiara di essere e agisce come la potenza dell’ordine mondiale propriamente sfidata e veramente aggredita sul campo di battaglia ucraino. Allo stesso tempo e chiaramente in contraddizione con ciò, pur perfettamente in linea con il duplice obiettivo di guerra russo, la Nato e il suo potere leader sottolineano che non sono loro sotto attacco e non sono direttamente coinvolti come parte belligerante. Sostengono di essersi attivati in qualità di legittima forza protettrice dell’Ucraina, ma solo localmente e solo entro i limiti della legge internazionale.
E questo è già abbastanza per distruggere lo scopo dell’invasione russa contro la leadership ucraina. L’esercito del Paese sta in linea di massima resistendo, armato dalle potenze Nato e guidato “da dietro” da comandanti occidentali; non c’è nessun rovesciamento a Kiev e nessun volta faccia della nazione. Tuttavia, questo significa anche che l’Occidente, con l’impegno del suo protetto ucraino e con i sacrifici di questo, respinge l’attacco russo alla sua supremazia sulla guerra, sulla pace in Europa e nel mondo e alla sua strategia anti-russa di spostare la sua sfera d’influenza sempre più verso il territorio russo. E sta facendo ciò esattamente allo stesso modo in cui la Russia conduce il suo attacco. L’Occidente non si lascia dissuadere, non si lascia frenare nel dispiegare massicciamente il suo dispositivo bellico nell’arena locale. A tal proposito con il virtuale dispiegamento delle sue armi strategiche, con la sua minaccia ad usarle, la Russia ha fallito per il momento. Questa sta anche fallendo nel raggiungere il suo scopo di guerra di respingere la strategia occidentale di accerchiamento e annientamento. Sta fallendo in due modi. Nella misura in cui l’Occidente, in qualità di potenza protettrice competente, si identifica con le sorti della guerra in Ucraina, può attribuirsi un primo successo diretto nel teatro operativo sul Mar Nero come potenza mondiale anti-russa effettivamente responsabile di tutto. Ha respinto il tentativo della Russia di fermare, con una sottile operazione militare sul Mar Nero, la supremazia occidentale sul continente. Allo stesso tempo, l’Occidente si sottrae a questo determinato obiettivo di guerra russo distanziandosi dal corso locale della guerra, nella veste di parte dichiaratamente non belligerante. In questo modo fa sapere al suo avversario che, per quanto riguarda l’alto livello strategico della guerra, la politica globale occidentale di assoggettare persino una potenza eccezionale come la Russia alla sua supremazia di ordine mondiale, non può essere toccata, men che meno frenata, in Ucraina. Per la Nato e gli Usa, l’Ucraina e l’operazione speciale russa non sono occasioni in cui vedono messe in pericolo la loro pretesa imperialistica alla dominazione e la loro capacità di imporla. Così, anche interferendo pesantemente nel corso della guerra, la potenza mondiale preserva la sua libertà di azione per occuparsene come ritiene opportuno.
Questo è in completo contrasto con la Russia, che, in Ucraina, ha voluto e vuole dare un esempio in base ai suoi due differenti obiettivi di guerra sovrapponibili. La Russia che, con la vittoria su Kiev, sta allo stesso tempo tentando di arginare strategicamente l'Occidente, mette a rischio la sua capacità di farlo e fallire la mette seriamente sulla difensiva.
3. La Russia reagisce ridefinendo l’obiettivo che sta perseguendo in Ucraina, con la sua cosiddetta “operazione militare speciale”, sempre chiamata così, contro la persistente resistenza di questo Paese. Invece di combattere per spodestare e sostituire il governo anti-russo a Kiev e guadagnarsi un vicino accomodante sul Mar Nero, sta combattendo nel sud e nell’est del Paese – compresa una lunga e sanguinosa battaglia per la città di Mariupol – per conquistare ed assicurarsi nuovi e importanti territori. Sottrarre territorio nazionale al vicino nemico, mettere in pericolo ed impedire, se possibile, la sua esistenza come nazione vitale e, inoltre, assicurarsi irreversibilmente l’annessione della Crimea, conquistando le adiacenti province meridionali, questa è l’alternativa in sostituzione al suo programma, fallito, di subordinare a sé stessa, con un’operazione-lampo, l’intero Stato e di associarselo.
Tuttavia, il maggiore scopo strategico rimane essenzialmente lo stesso. Sul suo lungo fronte all’interno dell’Ucraina, la Russia impedisce alla Nato – o almeno sta provando ad impedirle una volta per tutte – di prendere possesso del Paese in funzione di suo avamposto strategicamente minaccioso. Nel fare ciò, contesta la pretesa dell’alleanza occidentale di espandere il suo regime di controllo esclusivo sugli Stati europei fino al cuore della Russia e di consolidarlo in questo modo. Con questa risposta impedisce la dimostrazione che l’Occidente fa della sua potenza intervenendo per salvare il suo protetto a Kiev. E questo è anche lo scopo dei ripetuti avvertimenti russi secondo i quali, in qualità di potenza nucleare, essa dispone di molte altre possibilità ed è capace di imporre i suoi bisogni di sicurezza, autonomamente definiti, in modi molto più drastici del combattere battaglie sanguinose e militarmente costose contro il sofisticato dispositivo di guerra occidentale e la sua locale squadra operativa.
Così, passando a una guerra di terra piuttosto estesa, la Russia sta ristabilendo la connessione tra la sua guerra locale e l’autoaffermazione come potenza mondiale di proprio diritto, cioè la sovrapponibilità del suo obiettivo di guerra di conquistare territori su piccola scala con lo scopo strategico superiore di eliminare il monopolio occidentale sull’uso della forza in Europa, che minaccia la sua esistenza. Questo perché vuole ancora impegnare, indirettamente ma in modo efficace, il suo nemico imperialisticamente superiore nel teatro di guerra dell’Ucraina e, in seguito allo scontro bellico, forzarlo a cedere e ad accettare a chi appartiene questo Paese.
4. La Nato e l’Ucraina rispondono a loro volta, aggiornando in modo appropriato l’obiettivo e il modus operandi delle loro operazioni belliche. Il governo locale continua a sacrificare il suo popolo e la residua ricchezza del Paese alla sua sovranità sponsorizzata. Accentuando la sua inflessibile posizione, esso dichiara che la completa restaurazione del suo dominio, inclusa la Crimea, è l’obiettivo finale immutabile della sua smisurata disponibilità a fare sacrifici. Il committente e fornitore generale, sfidato dalla Russia, traduce tutto ciò nell’annuncio un po’ più aperto secondo il quale una pace, che veda la Russia vincitrice, sia assolutamente fuori questione e ribadisce il suo impegno per l’obiettivo, qualitativamente più elevato, di privare l’aggressore russo della sua capacità militare per condurre azioni belliche come quella dell’invasione ucraina: la Russia deve perdere la guerra e piegarsi alla supremazia occidentale, in qualunque forma essa si presenti.
In misura corrispondente, l’Occidente intensifica il suo coinvolgimento militare. Rafforza lo Stato ucraino, rendendo il suo esercito capace di fermare l’avanzata russa, di condurre contrattacchi con successo e, grazie a armi a lungo raggio e con una ricognizione precisa delle posizioni nemiche, di annientare una considerevole parte del contingente militare russo, umano e materiale, dietro le linee del fronte nei territori occupati e persino in Crimea. Questo è come l’Occidente, senza alcun riguardo per le perdite ucraine e senza alcun sacrificio da parte sua, se non in termini di denaro ed equipaggiamento militare, sta gradualmente realizzando il suo obiettivo di logorare la potenza militare convenzionale del suo avversario. Da un lato, accompagna l’escalation, con cui mette sempre più sulla difensiva la Russia, con la dichiarazione, ripetuta in modo stereotipato, di non essere ancora una parte belligerante e di non volerlo diventare. Presa alla lettera, questa affermazione è sempre più una farsa: in molte capitali Nato non si esita a celebrare immediatamente i successi offensivi e difensivi dell’esercito ucraino come trionfi delle proprie superiori tecnologie militari e competenze nella ricognizione e nella leadership. Allo stesso tempo, però, l’alleanza insiste nel limitare le azioni belliche del suo vassallo al territorio di questo, cioè nel non attaccare o permettere attacchi all’interno dei confini russi. Per il disappunto dei militanti russofobi, non solo negli Stati Nato più a est e in Gran Bretagna, la potenza mondiale unita si attiene alla sua autodefinita “linea rossa” di mantenere il suo attacco alla capacità bellica russa entro i confini del teatro di guerra stabiliti dalla Russia, così da rimanere al di sotto della soglia di un confronto diretto che potrebbe far scaturire una guerra mondiale. D’altra parte, gli Stati Uniti completano il loro rifiuto di un’offensiva, che andrebbe oltre lo scopo qualitativo e la portata regionale degli eventi di guerra in corso, con la minaccia sempre più esplicita, nei confronti della leadership di Mosca, di rispondere a qualsiasi escalation della guerra da parte russa al di là di questo quadro spazialmente e qualitativamente definito, soprattutto per quanto riguarda l’uso di armi nucleari di qualsiasi calibro, con immediati attacchi distruttivi che non potranno essere respinti. In questo modo, in linea con la stessa definizione dell’Occidente dei limiti del proprio coinvolgimento bellico, il nemico russo viene dissuaso dal fare il passaggio, chiaramente concepibile e già considerato come una possibile emergenza, di usare armi di distruzione di tipo superiore al fine di scoraggiare la spinta offensiva dell’esercito ucraino e della sua leadership occidentale o di ribaltare le sconfitte subite. Allo stesso tempo, l’asprezza delle minacce occidentali – anche ciò in corrispondenza con gli avvertimenti russi - riflette la gravità delle sconfitte a cui l’Occidente punta e che il suo avversario deve accettare.
Questo non fa ritirare la dichiarazione della Nato e della sua potenza leader di evitare, anche da parte loro, l’escalation che vietano ai russi, tanto quanto la minaccia deterrente di ritorsione. Le due, la dichiarazione e la minaccia prese insieme, chiariscono decisamente, come già all’inizio, che la potenza mondiale unita è pienamente presente nella guerra ucraina e, allo stesso tempo, non può essere identificata come parte belligerante. Essa non vede in nessun modo nell’invasione russa, malgrado tutta la durezza programmatica dei suoi contraccolpi reali e minacciati, una sfida esistenziale al suo imperialismo. Non riconosce nemmeno che qui potrebbe essere in gioco la portata del suo potere sull’Europa. Valuta con molta sicurezza cosa considerare una provocazione, fino a che punto si vede sfidata, come reagire e quanto rischio prendere, organizzandosi in tal senso e preservando costantemente la sua libertà di azione. E a volte usa questa libertà per annunciare alla Russia la prospettiva di una guerra che duri molti anni, se necessario, e che la priverà della maggior parte della sua libertà di azione militare e di tutta la sua capacità offensiva. In questo senso la Nato celebra l’adesione degli Stati settentrionali di Svezia e Finlandia come un guadagno strategico che l’avvicina considerevolmente alla potenza russa. In una grande dichiarazione, si impegna a perseguire l’obiettivo di supremazia inequivocabile sopra questa eccezione ingombrante al suo predominio regionale e globale. Così, nel corso della guerra si modificano i rapporti di forza strategica.
5. Il governo russo risponde con una massiccia escalation della sua presa in e sull’Ucraina alla guerra di logoramento che l’Occidente sta conducendo contro di lui usando l’Ucraina come grande arma, alle sconfitte e ai rovesciamenti che mettono a repentaglio le sue conquiste e quindi il suo obiettivo di affermarsi incontestabilmente come potenza mondiale contro il regime degli Stati Uniti e della Nato.
In primo luogo questa escalation è di carattere politico. Dopo i referendum dal risultato previsto, Mosca dichiara i territori occupati parte integrante della sua federazione. Inoltre manda il messaggio chiaro, notato con grande attenzione dall’Occidente, che questi territori sono quindi soggetti alla garanzia di protezione che la potenza mondiale numero due ha messo in pratica con la sua licenza, auto-concessasi, di usare anche armi nucleari contro qualsiasi attacco che minacci esistenzialmente la sua integrità. Questo in linea di principio annulla la separazione, dichiarata fin dall’inizio, dell’”operazione speciale” sul suolo ucraino dalla prova di forza con la potenza mondiale occidentale a livello di minacce nucleari. I due disparati obiettivi di guerra della Russia – ottenere il dominio sul suo Stato vicino e respingere la pretesa monopolistica dell’alleanza occidentale di imporre il suo ordine nel mondo – sono ora non più solamente sovrapponibili, ma messi sullo stesso piano e combinati come uno. Il confronto strategico coincide con la guerra sul fronte interno ucraino, che è ora il fronte tra la Russia e i Paesi nemici. Quello che succede lì è d’ora in poi la situazione critica contro cui Mosca ha sempre messo in guardia.
O è “solo” vicino ad essa, poiché l’escalation politica si accompagna ad una militare: la mobilitazione parziale dell’esercito russo il cui scopo è ancora è detto “operazione speciale”. Per ora sta alle forze convenzionali il compito di difendere incondizionatamente la patria sul fronte ucraino. Il tanto discusso primo uso di armi nucleari tattiche a questo scopo, inclusa la collisione diretta con la potenza nucleare numero uno al mondo, rimane un’opzione distinta, ma è ancora una minaccia intesa a dissuadere l’Occidente dal provare a contendere ossia sottrarre alla Russia il suo nuovo territorio. Di conseguenza Mosca cambia il suo modo di fare guerra. Per prima cosa è passata dalla conquista di nuovi territori alla protezione del sacro confine di Stato, nuovamente ridefinito. Le rettifiche del fronte, anche a costo di territori già conquistati, in particolare il ritiro dal capoluogo di provincia Kherson – presumibilmente accolto con favore proprio dalle teste calde di Mosca – servono a questo scopo riveduto al di là di ogni calcolo tattico e necessità e ne sottolineano l’intenzione: ciò che la Russia non cede è definitivamente e irrevocabilmente Russia.
In secondo luogo, la Russia sta rivedendo la sua strategia bellica nei confronti del resto dello Stato ucraino che ancora esiste. Passa dalla lotta per conquistare terreno, che diminuisce grandemente la forza e la portata del potere nemico, alla devastazione delle infrastrutture, dimostrando la sua volontà e capacità di rendere il paese praticamente inabitabile e lo Stato incapace di combattere, così da renderlo inidoneo a continuare il suo servizio militare per l’Occidente. Allo stesso tempo la Russia, con la sua offerta di negoziare nuovamente con il governo di Kiev, mostra il suo scopo di costringere, tramite la messa in scena di un imminente disastro per il Paese e il suo popolo, la leadership a piegarsi e giungere a compromessi; un disastro che, se realizzato, non potrebbe più essere evitato con le armi e l’assistenza finanziaria dell’Occidente.
In questo modo la Russia sottrae un avamposto strategico all’Occidente e respinge il potere deterrente occidentale con un’offensiva militare che si svolge comunque al di sotto del passaggio qualitativo all’uso di armi nucleari, ma che, entro questi limiti, può difficilmente essere incrementata. Così manda a monte lo scopo di guerra, dichiarato dall’Ucraina, di restaurare il suo vecchio territorio nazionale sconfiggendo completamente la Russia. E allo stesso tempo frustra il dichiarato obiettivo occidentale di infliggere, tramite il caso dell’Ucraina – il teatro di guerra aperto e definito dalla Russia – una sconfitta alla forza militare russa che porterà l’Occidente più vicino a sottomettere il suo principale nemico al suo regime imperialista.
6. L’Occidente sta lavorando alla sua risposta. Apparentemente per il momento non si fa dissuadere dal continuare ad inviare armi. Ma quando Kiev richiede urgentemente che i frammenti di un missile che ha colpito i confini di una città polacca siano considerati come un attacco alla Nato, le più alte autorità lo rifiutano immediatamente e in modo chiaro e netto, precisando ufficialmente che il proiettile fosse ucraino. Perciò non c’è nessuna contro-escalation contro gli attacchi missilistici russi, come voluto da Kiev, almeno non in questa occasione. L’Occidente, tuttavia, non abbandona la prospettiva di coinvolgere la Russia in un’estenuante guerra che va protraendosi. Dopo tutto, esso può vedere che ha già fatto parecchi progressi in tal senso. L’alleanza mantiene - ancora – le sue opzioni aperte riguardo a come continuare. Alla minaccia della Russia di evitare la distruzione della sua potenza mondiale con un’eventuale escalation nucleare della guerra – una minaccia che non è ancora definitiva ma che è presa sul serio – gli Usa rispondono nuovamente avvertendo che a loro giudizio, il loro potenziale distruttivo, convenzionale e nucleare, è infinitamente superiore. Ma rispondono anche su un livello differente, quello diplomatico. Al fine di mitigare il pericolo che proviene dal potere deterrente russo, nella politica mondiale dell’Occidente si lavora per intensificare la messa al bando della guerra nucleare e di ogni minaccia di essa, in generale, ma specialmente da parte dei potenti sostenitori della Russia presenti nei vari Paesi del mondo. Ci si impegna con forza per raggiungere il progressivo isolamento della Russia a livello politico; questo non eliminerà il suo potere strategico, ma ne diminuirà il vantaggio nella politica globale. Parallelamente, il governo degli Stati Uniti sta ripristinando elementi della diplomazia della guerra nucleare, cioè, alcuni punti dei suoi vecchi trattati sul controllo degli armamenti con il nemico, che contengono la trasparenza reciproca riguardo ai loro armamenti strategici indirizzati l’uno contro l’altro, e l’assicurazione di concordare sulla non-fattibilità di una guerra strategica nucleare. Lo fa sapere anche all’opinione pubblica mondiale, chiarificando così che tiene saldamente sotto controllo l’inasprimento del confronto – qualunque siano le conseguenze che ne trarrà.
Nel frattempo, il governo ucraino è deluso e più che mai determinato a far combattere il suo popolo fino a quando il Paese ancora esiste.
Traduzione dell’articolo “10 Monate Krieg in der Ukraine
Ein kurzer Rückblick auf gleichgebliebene und geänderte Kriegsziele”
GegenStandpunkt 4-22