"Cambiamento di sistema" per lo Stato sociale tedesco

Il governo tedesco si occupa della persuasione politica per dare vita a realizzare un "nuovo capitolo della storia sociale tedesca”

Il Partito socialdemocratico tedesco (Spd) tiene un congresso straordinario sulla riforma del sistema assicurativo sociale tedesco, "l'amministrazione del lavoro e del sistema contributivo”, che è stata annunciata e già avviata dal governo con la cosiddetta "Agenda 2010”, che a sua volta fa seguito al "documento Hartz” (vedi l'articolo in internet). Il vertice del partito non lascia sorgere dubbi sull'importanza delle decisioni da prendere: in un "documento strategico provvisorio” il segretario generale del partito annuncia un "risveglio per una nuova equità sociale” e anche "l'addio allo Stato sociale” ("Der Spiegel, 21/03). Il congresso ha il compito di diventare per i socialdemocratici una "seconda Godesberg" (Clement, Ministro d'Economia)

A Godesberg, decenni fa, i socialdemocratici hanno fatto la loro professione di fede nei confronti della democrazia e del capitalismo ed hanno deciso di liberarsi dell'onta di contrapposizione anti-capitalista al sistema, che viene coltivata dagli avversari politici. Da allora la Spd in veste di partito popolare decisivamente anticomunista e così "in grado di governare”, si presenta non soltanto al suo elettorato tradizionale quello più proletario, ma a tutte le possibili comunità nella nazione, sia economiche che sociali, come la vera alternativa sociale e riformatrice per la rappresentazione politica di tutti gli interessi riconosciuti nel sistema capitalistico tedesco in ascesa. Da "Godesberg" in poi, la Spd ha "rischiato un poco più di democrazia” (slogan elettorale negli anni `70) ed ha lavorato al "Modello Germania” (negli anni '70 e `80). Così facendo, ha dimostrato, che - a dispetto delle accuse delatrici dei conservatori (il loro slogan elettorale contro la Spd era "Libertà invece di Socialismo”) - per i socialdemocratici la "libertà” della proprietà non era un'alternativaal "socialismo, ma al contrario, il "socialismo democratico” della Spd era il vero garante di questa libertà: ha politicizzato gli interessi dei lavoratori per lo Stato sociale, li ha organizzati nello Stato sociale e ha riordinato i loro interessi secondo le esigenze dei datori di lavoro e della repubblica

Allora, a Godesberg, secondo l'odierno cancelliere della Spd, la socialdemocrazia ha trovato "una risposta programmatica al fatto che l'economia di mercato sociale si fosse imposta come la forma organizzativa più sensata dell'economia”. Adesso, secondo lui, sarebbe sopraggiunta una situazione in cui "bisogna decidere in maniera simile, anche senza la dimensione storica d'allora. La decisione che il congresso del partito dovrà prendere, dovrà chiarire il seguente punto centrale: la Spd è del parere che 'l'agenda 2010' darà le risposte giuste alla sfida di conservare, in circostanze radicalmente cambiate, la sostanza dello Stato sociale” (Schröder, Der Spiegel,17/3). La sua precisione relativa al metro delle "dimensioni storiche" Schröder l'ha rivista più tardi, in occasione di una conferenza stampa, in cui ha parlato del " più grande sforzo politico della storia sociale tedesca” (n-tv,13.8)

Dalla "cassa dei poveri” del proletariato...

L'incarico orginario dello Stato sociale tedesco, da cui adesso ci si deve "congedare" (Scholz, segretario generale della Spd) o "conservarne la sostanza" (Schröder) - entrambe le affermazioni ovviamente rappresentano la stessa cosa -fin dall'inizio faceva riferimento ad un compito abbastanza difficile visto che la sua difficoltà doveva essere subita soprattutto dalla clientela delle casse sociali. La sezione sociale "dell'economia di mercato sociale" della Repubblica Federale Tedesca, che dalla sua costituzione è definito "uno Stato di diritto sociale" doveva rendere possibile l'impossibile: il salario per il singolo lavoratore che di per sé non è in grado di coprire, oltre al suo sostentamento, anche i "rischi di vita” del sistema capitalista quale la disoccupazione, la miseria della vecchiaia e la sanità, doveva però, come somma dei redditi di classe deve essere sufficiente esattamente per coprire proprio tutto questo. Dev essere sufficiente, semplicemente perché è nominato responsabile per questo risultato dal potere legislativo: attraverso la statalizzazione di parti del salario in favore di una "solidarietà di classe" e la limitazione delle correnti esigenze di consumo dei lavoratori al solo potere d'acquisto del restante reddito "netto". Così per le esigenze produttive della produzione capitalista, già da sempre oscillante nella sua richiesta di lavoro salariato, viene messa a disposizione sempre la quantità giusta di lavoratori salariati - e anche ‚just in time'; in caso sinistro la forza lavoro è ristabilita a spese della classe lavoratrice stessa mentre tutto il resto della classe, la sua forza lavoro, una volta consumata, è rifornita e anche smaltita "socialmente” a basso costo. Già dall'inizio gli effetti collaterali sedativi di questo metodo sulla coscienza di classe dei malpagati non venivano sottovalutati; infatti, questi non erano solo intenzionali ma anche benvenuti La condizione difficile, cioè il farcela, in caso di disoccupazione, malattia e vecchiaia, anziché col salario misero, con delle prestazioni supplementari ancora più misere, era, per come stavano le cose, una conquista. Almeno si sopravvive.Gli "ammortizzatori sociali” almeno evitano "il peggio", fatto questo, in base al quale la povertà dei disoccupati e dei vecchi diventava una normalità in confronto "conveniente"; infine, anche quando aumentarono enormemente i cosiddetti "redditi d'ultima istanza" un ex-ministro del welfare tedesco, Blüm, ha potuto presentarli in una campagna elettorale come prova dell'assenza e del superamento della povertà. A questo "progresso sociale" si aggiungeva l'effetto conveniente che veniva dal processo di riscossione: i contributi previdenziali sono incassati dal salario già "alla fonte", una metà è messa in conto ai datori di lavoro come loro contributo alla sicurezza sociale e l'altra metà, come "contributo” dei lavoratori. Questo procedimento non ha cambiato per niente la qualità economica di tutte e due le parti, quella, di essere elementi costitutivi del salario dei lavoratori". Però, sotto il titolo falso di un "finanziamento solidale”, questa spartizione ha contributo un bel po' alla coesione della comunità capitalista, al di là del contrasto fra le sue classi sociali. Per il semplice fatto che i contribuenti ricevono solo una parte del salario complessivo, la parte detratta ai fini previdenziali si è acquistata una fama indistruttibile: quella, di non aver nulla a che fare con il lavoro prestato e, in secondo luogo, e per lo stesso motivo, di non essere una parte dal salario ma di venir pagato generosamente dal datore di lavoro -anche se in maniera non totalmente volontaria - sotto forma di spesa straordinaria, in aggiunta al salario normale Una spesa straordinaria però, che, in terzo luogo, appesantisce il calcolo della redditività degli imprenditori in maniera imperdonabile visto che, in base a tutte le regole dell'economia di mercato, questo calcolo dovrebbe soltanto tenere conto del salario netto! Così, con la favola del "datore di lavoro” che regala alla sua forza lavoro la metà dei suoi costi sociali, smentendo in questa maniera tutte le calunnie sul capitalismo, il punto di vista interessato del mondo degli affari ottiene ragione nella disputa democratico-capitalista per cui il prezzo del lavoro è da considerarsi in principio troppo alto; troppo alto a causa e nella misura della parte del salario che assorbe lo Stato sociale. L'insottisfazione continua degli imprenditori riguardo ai costi del lavoro in questo modo aveva trovato, a parte i sindacati, un secondo destinatario nello Stato sociale e negli organizzatori di questa socializzazione di parti del salario, che gli imprenditori, con convinzione profonda, non hanno mai smesso di considerare il loro denaro

… alla causa "strutturale" della crisi

La nuova "sfida" che, secondo le parole del cancelliere, si è verificata adesso, e che rappresenta una "vera cesura politica” e richiede un "atto di forza” in "condizioni radicalmente cambiate”, cioè una "immediata ristrutturazione del sistema della sicurezza sociale”, perché altrimenti verrebbe "minacciata la coesione sociale nel nostro paese”, però, cosi nuova non è: si tratta della "disoccupazione” che Schröder, una volta di più, individua come il segno più significativo della crisi dell'economia nazionale tedesca. Visto che gli imprenditori rinunciano, a causa della mancante redditività, ostinatamente e in gran numero, all'uso di una parte notevole della forza lavoro tedesca, il cancelliere "pretende” dalla sua Spd

"il coraggio di riconoscere che la quantità dei disoccupati in Germania non è aumentata a più di quattro milioni solo per ragioni congiunturali, ma che esistono anche ragioni strutturali. Queste ragioni dobbiamo riconoscerle ed eliminarle”.

Il cancelliere comunica al suo partito una decisione definitiva nell'analisi delle "ragioni” dei mali sociali ed economici nel paese e informa la sua Spd già prima del congresso del partito, a mezzo di un'intervista con la rivista "Der Spiegel”, che il partito "riconoscerà” i risultati di questa decisione e "prenderà” le corrispondenti decisioni. La decisione è la seguente: tutti gli indizi che fanno risalire la grande disoccupazione alla cattiva congiuntura mondiale (come da lui stesso fino a poco tempo fa sostenuto ripetutamente), da adesso in poi sono da considerarsi solo come un pretesto. Sono sotterfugi per evitare di prendere la decisione necessaria di affrontare la vera causa "strutturale” del male. Questa "causa”, però, il capo dei socialdemocratici, non la individua nel difetto che il suo partito, a suo tempo, aveva pensato di aver scoperto nel sistema capitalistico: cioè in un "diritto al lavoro” che appartiene soltanto agli utenti ed agli usufruttuari del lavoro altrui e che garantisce loro la libertà sia di usare sia di non usare la forza lavoro, mentre costringela restante maggioranza, a guadagnarsi da vivere, attraverso il proprio lavoro; malgrado la loro incapacità di riuscirci con le proprie forze visto che tutti i mezzi per riuscirci sono di proprietà altrui. Una tale "causa strutturale", però, il presidente del partito non la conosce nemmeno come contrapposizione interna che deve dissuadere o, all'occorrenza, impedire. Il coraggio che pretende dai compagni di partito, consiste nella volontà di accettare l'evidente terapia con cui Schröder vuole curare la crisi economica nazionale come diagnosi e renderla la nuova ragion di partito: quella terapia che il governo in realtà già da molto tempo applica e che ha elaborato nella "Agenda 2010”, il programma governativo per i prossimi anni. Secondo questa "logica" sfilano nell'enumerazione delle "cause strutturali” della disoccupazione e della crisi, come già da qualche tempo, i soliti sospetti:

"Per esempio dobbiamo riconoscere che i costi sociali del lavoro sono aumentati dal 32 percento nell'82 all'attuale 42 percento…costi che premono in maniera insopportabile sui salari e sugli stipendi. Da un lato i lavoratori trattengono nelle loro tasche una parte di volta in volta minore del loro reddito lordo e dall'altro lato, a causa di questo sviluppo, per gli imprenditori diventa sempre più caro creare nuove possibilità di lavoro di cui abbiamo bisogno con urgenzaPer questo motivo dobbiamo agire su questo punto…”dobbiamo riconoscere che nel frattempo il 62 percento del bilancio viene impiegato nel servizio del debito e negli ammortizzatori sociali. Cari amici, questo è troppo…”

"…dobbiamo riconoscere ad alta voce che, se non cambiamo niente adesso,… i nostri sistemi sociali -, sistemi modello -, quello sanitario e quello pensionistico, semplicemente non potrebbero più essere finanziabili. È qui che risiedono i problemi strutturali che dobbiamo risolvere.”

La causa, a cui Schröder si riferisce, non è altra che la cattiva dialettica di vecchia fama della crisi della crescita capitalista: questa diminuisce nel paese la quantità dei contribuenti attivi e fa crescere la quantità degli aventi diritto alle prestazioni sociali. Ne segue che, nella distribuzione del salario nazionale, - un salario che è guadagnato di volta in volta da sempre meno lavoratori "attivi” a loro volta pagati peggio - quanto più cresce la difficoltà del finanziamento delle prestazioni per un numero sempre maggiore di "destinatari di prestazioni” tanto più aumenta la necessità di queste "prestazioni” per essi. In realtà, il cancelliere parla dunque delle conseguenze "strutturali” di un sistema, la cui economia del sociale, non permette più il finanziamento di cose semplici, come il diritto a prestazioni sanitarie e previdenziali. Dell'obiettività di questo fatto, l'uomo d'azione e del potere statale, non se ne fa nulla; anzi, travisa ancora di più le conseguenze con le cause della crisi economica della repubblica. Capovolgendo cosi conseguenze e cause, viene fuori che in verità il sistema sociale non esiste a causa delle difficili condizioni "capitalistiche” del lavoro salariato, così come non emerge che la grande necessità finanziaria delle casse sociali viene dagli oneri della crisi degli affari capitalisti, oneri che vengono scaricati sui lavoratori salariati, ma, al contrario: "viene fuori” che la causa della crisi sta nel peso che grava sugli affari a causa dell'assistenza sociale organizzata dallo Stato sociale. Trasposta in "costi straordinari sociali del salario", la povertà delle masse, conseguente al sistema del lavoro salariato, una povertà che viene organizzata dallo Stato sociale, esercita una pressione "insopportabile" sui "salari e sugli stipendi". Certamente questa "pressione" colpisce ugualmente chi paga il salario e chi riceve il salario - perfino il cancelliere tedesco è cosi gentile da nominare come vittime per primi i lavoratori - ma pur con tutta la sua compassione, Schröder non ha perduto il suo discernimento. Per il governo il salario pagato ai dipendenti può sempre sopportare qualche "pressione" aggiuntiva; il salario totale invece non è più accettabile per gli imprenditori capitalisti. Considerato dal punto di vista corretto è chiaro che la somma delle spese previdenziali e del servizio del debito pubblico non è una conseguenza, ma è semplicemente "eccessiva" e in quanto tale la causa del triste stato del potere economico nazionale ; fra queste due parti del bilancio, che il cancelliere tedesco somma tanto disinvoltamente, si può naturalmente anche differenziare: 1) se sono utili per la ripresa economica, i debiti aggiuntivi sono giustificabili, ma ciononostante la somma del servizio del debito pubblico e delle spese previdenziali deve calare.

Con riguardo al "sistema sanitario- previdenziale", il cancelliere vuole far presente, come questo non sia più finanziabile, non a causa della quantità della miseria di cui si deve fare carico, ma a causa del suo "carattere modello"che getta in grande difficoltà finanziaria l'intera comunità. Sommando in questa maniera tutti questi "argomenti" la diagnosi è pronta: lo stile di vita che si permettono i disoccupati, i malati ed i pensionati, che vengono alimentati dalle casse sociali "modello”, è troppo costoso e, considerato in base al "risultato", cattivo per la comunità. Questo stile di vita porta a spese che fanno salire il "salario sociale" in una misura che non permette più ai datori di lavoro di "dare lavoro", perché i costi troppo alti non promettono più il reddito che gli spetta; questo stile di vita rovina oltretutto anche il bilancio pubblico; e come penultima conseguenza mina se stesso! - se non interviene un potere statale che - infine! - lo "riforma". "Adesso" è evidente che è questo il punto, dove deve iniziare la terapia: La Spd deve "riconoscere" questa situazione e come "partito riformatore" veterano deve individuare in questa "revisione generale" dello Stato sociale tedesco il suo grande compito riformatore.

La "realtà" richiede il cambiamento del sistema…

Ció che il cancelliere tedesco pretende dal suo partito è nella sostanzauna chiara presa di posizione in favore dell'interesse materiale di una classe all'interno della società tedesca, contro l'interesse dell'altra classe: contro il salario e contro quelli che devono vivere sia della sua parte "netta" che dalla sua parte "lorda"; si tratta anche di una chiara presa di posizione in favore dell'arricchimento di quelli, che "devono" pagare il salario per arricchirsi tramite il lavoro comprato. Schröder dichiara necessaria senza alcun'alternativa questa presa di posizione e così nella sostanza la acuisce: tutti i criteri pretenziosi che i datori di lavoro tedeschi nell'impiego dei lavoratori salariati, criteri che sono cosí restrittivi che nel paese non diminuisce la quantità di disoccupati, tutti questi criteri la Spd deve farli propri; deve sostenere incondizionatamente e decisamente i proprietari e profittatori degli affari nazionali, e deve fare questo con la coscienza che ció sia necessario non solamente per il benessere dei ricchi, ma perché l'intero resto della società, la massa dei concittadini è dipendente dal successo dell'arricchimento di questa minoranza. Poiché i capitalisti hanno aggiogato nella società tutta la vita al loro servizio, hanno sminuito tutto ad un loro strumento, poiché hanno reso funzionale tutto alla "crescita" della loro proprietà, il partito non deve voler altro, che, nel beninteso interesse della massa di manovra umana della società, eliminare ogni ostacolo agli affari degli attivisti della proprietà privata capitalistica cominciando da quell'ostacolo rappresentato dal fatto che la massa di manovra ha bisogno di un po' di cura e che, per questo, necessita di denaro per essere, come richiesto, a disposizione di quella minoranza. Dopo anni di disoccupazione di massa, in cui è stata dimostrata abbondantemente l'intera durezza e bassezza di questa relazione di dipendenza, il capo della Spd incoraggia i suoi "cari amici" a "dichiarare infine la verità", a "parlare della realtà", a " dire le cose per come sono" e a riconoscere pubblicamente e programaticamente questa verità: la "verità", che l'interesse all'arricchimento dei capitalisti in questa società è l'unica cosa che conti, e che quest'interesse assolutamente non si accorda con questa sorta di sostentamento, che lo Stato sociale spreme per i bisognosi dal salario totale. Per questo motivo questo interesse della classe capitalista non deve essere "relativizzato” - come preteso in passato una volta dal "riformismo" - ma, al contrario, per soddisfare quest'interesse, deve essere "riorganizzato" lo Stato sociale

Eppure non è vero che la politica sociale della Germania avesse offeso finora l'interesse all'arricchimento dei veri ricchi. Al contrario. Mettendo a disposizione dei loro affari una squadra nazionale di lavoratori abbastanza sana, formata e anche nutrita durante i tempi di forzato non lavoro, ha fornito loro una condizione necessaria dei loro affari e con questo non nient'altro che il loro beninteso interesse comune. Questa costrizione però i professionisti nei piani della direzione delle imprese non l'hanno mai veramente accettata, né tanto meno hanno familiarizzato con essa. Considerano sempre il proprio vantaggio particolare - non per niente la loro ricchezza si chiama proprietà - il garante migliore per il loro bene generale ed ogni riguardo al "fattore lavoro", da loro dipendente, un abuso dei loro mezzi finanziari che in realtà dovrebbero servire all'aumento dei loro redditi. Questi considerano l'organizzazione pubblica della povertà, seconde le norme della previdenza sociale tedesca e della legislazione sociale tedesca, come nient' altro che "un'amaca sociale" per marmaglia inutile - nonostante nel "Luna Park Germania" (espressione questa dell'ex-cancelliere Helmut Kohl) con i suoi ospedali, le sue case di riposo e gli uffici di collocamento la dolce vita dei proletari venisse sempre limitata da parte dello Stato. Adesso il cancelliere socialdemocratico gli da ragione; e vincola il suo partito all'impegno di procurare agli imprenditori della nazione questo loro diritto

Per obbligare i suoi socialdemocratici a questa linea generale, Schröder acuisce la sua presa di posizione in favore del successo della ricchezza capitalista e contro i costi della povertà in modo addirittura ultimativo: solleva la domanda sul sistema; quella sul sistema sociale tedesco in particolare e, collegata a questa, la questione sul sistema economico e sociale in generale, sul "benessere", sulla "coesione sociale" sulle "prospettive enormi" della Germania in "un'Europa forte". E subito dà anche la risposta - in un modo esattamente contrario, rispetto alla maniera, a sua volta già molto sbagliatissimo, con cui il suo partito si è cimentato con questa "domanda" durante i primi cento anni della sua storia. Fino alla fine del secolo passato i socialdemocratici non hanno voluto riconoscere, che con il metodo di produzione è già decisa anche la distribuzione della ricchezza prodotta, cioè è decisa anche la riproduzione perpetua della povertà sia di quella utile che di quella inutile. I socialdemocratici hanno considerato invece come loro missione storica - e non hanno soltanto legittimato teoricamente questa linea contro i comunisti ed altri deviazionisti a sinistra sotto il titolo di "riforma invece di rivoluzione", ma hanno anche fatto valere questa linea in pratica con tutta la forza e la violenza, di cui disponevano - quella, di rendere accettabile il sistema economico dell'arricchimento capitalistico e dello sfruttamento vantaggioso dei lavoratori salariati per mezzo di un sistema sociale che organizza e gestisce la povertà proletaria. All'inizio del nuovo secolo il capo di tutti i socialdemocratici tedeschi decreta come nuova linea generale del partito la "conoscenza" assolutamente non rassegnata, ma totalmente affermativa che per il sistema economico capitalistico i sistemi sociali tradizionali in ogni caso non sono accettabili. Decreta, che per questo motivo non è soltanto superfluo, ma contrario al sistema e perció dannoso, intervenire nella spontanea giustizia distributiva dell'economia di mercato, voler perfino correggerla, e voler impiegare denaro per "la sostenibilitá sociale" del capitalismo; quando il denaro, questa ricchezza specifica del capitalismo, ha tutt'altra funzione nel sistema dell'arricchimento capitalista! 2)

Per avvalorare questa risposta, che pone la parola fine a tutte le questioni sistematiche una volta per sempre - Schröder argomenta, senza paura di ripetersi, con la realtà, che in ogni caso non lascia altra possibilità che quella di "riconoscerla" - un'argomentazione molto adatta; perché con quest'argomentazione rifiuta ogni argomento, rifiuta anche ogni ulteriore domanda che richieda una spiegazione o giustificazione e pretende in questo modo l'accettazione incondizionata e senza scrupoli degli interessi che lui ritiene importanti. Naturalmente è alquanto sfacciato presentare gli interessi affaristici die capitalisti ed in aggiunta le esigenze dello Stato di avere mezzi di bilancio liberamente disponibili direttamente come "verità", "realtà", "situazione economica e demografica” ecc. Ovviamente, peró, questo va bene in uno Stato dove gli amministratori dispongono del potere di rendere i loro interessi le condizioni d'esistenza per tutti gli altri definendo, in tal modo, la "situazione" a cui ognuno deve fare riferimento; uno Stato, dove non si trova ovviamente nessuno che contesti loro questo potere e il loro far riferimento cinicamente ai "fatti”, creati dalla loro stessa politica. Il partito che Schröder impegna alla sua "realtà", almeno non si oppone. La Spd da un pó di tempo imparato la sua lezione, quella tratta dalla storia mondiale e quella tratta dalla storia del partito: a livello mondiale e a livello tedesco una volta ancora ha vinto l'economia di mercato; "l'economia" ragionevolmente e provatamente non funziona che come economia della proprietà privata che compete con i suoi pari; l'alternativa rappresentata dal "socialismo reale", dopo anni di combattimento fino alla soglia della guerra atomica, si è dichiarato, nella sua gara con il capitalismo, sconfitto su tutta la linea; ha rinnegato ogni economia pianificata e salutato il suo riconosciuto "insuccesso"con il proprio suicidio. Gli attivisti e i sostenitori della parte vincitrice, poi, si sono impegnati molto per impressionare i popoli della terra con quest'esito storico e per dichiararlo irreversibile. Questo convince, soprattutto un partito democratico, un partito che nel frattempo ha constato, come in due elezioni, entrambe vinte, l'elettore democratico abbia dato retto al "realismo" del suo cancelliere. Quest'ultimo non esita a ricordare ai suoi seguaci questa storia di successo e di dettare loro nel suo discorso l'insegnamento che ne consegue per il loro ethos di partito socialdemocratico: non quelloche vuole "conquistare” il partito, costituisce la sostanza socialdemocratica della Spd, ma il fatto che è lei, che "forma il paese" con responsabilità; cosa che altrimenti altri farebbero:

" Infine è questo per cui lavoro io e per cui lavorano tutti, noi che siamo nella direzione del partito e quelli che sono nel governo; noi combattiamo, ecco ha sempre contraddistinto i socialdemocratici: vogliamo formare il paese - e non ultiomo attraverso il potere del governo - e non vogliamo lasciarci mettere da parte".

...ed anche i figli e la libertà lo pretendono

Per conservare questo bel successo non è però sufficiente che la "realtà" faccia il suo corso; e anche l'ubbidienza del partito non significa ancora una vittoria nelle elezioni. Per questo è importante

" convincere la gente, che ciò è necessario, portarla con noi sulla nostra strada ed entusiasmarla per le nuove possibilità che vogliamo aprire a questo paese”

Per questo c'è bisogno, accanto al "realismo", anche di una certa quantità di glorificazione morale. Il supremo socialdemocratico offre anche questo addirittura in duplice copia. Si può dimostrare facilmente, conseguendo cosí addirittura una vittoria morale, attraverso le vittime più piccole del capitalismo, i bambini - bene più caro della nazione, perché ne personificano il futuro - che gli interessi della classe capitalista e dello Stato, solidificati in un intero sistema economico, per i quali il cancelliere s'impegna, non sopportano più gli standard dell'amministrazione della povertà funzionale, finora in vigore, perché sono i bambini che devono pagare le conseguenze! Con le parole di Schröder:

"Non dobbiamo mangiare oggi tutto ció, di cui anche i più giovani domani vogliono vivere

Questo non sarebbe corretto verso le generazioni future".

Chiaro. Ciò che si nega ai pensionati e ai malati d'oggi - forse sarebbe meglio non lasciarlo nemmeno produrre, in ogni caso non da forze di lavoro impagabili: in questo modo non verrà divorato con certezza! - potranno goderselo le generazioni future; ma quando si lascia che i disoccupati d'oggi, a dispetto della loro disoccupazione, mangiono ciò che, per ragioni di redditività non producono neanche, ne consegne che alle generazioni future mancherà il cibo e probabilmente addirittura mancheranno i posti di lavoro… 3). Preso oggettivamente, il cancelliere soltanto dichiara che la sua gente anche in futuro non ha molto da ridere: anche in futuro la gente continua ad essere utilizzata nella maniera piú conveniente possibile dai datori di lavoro e ciononostante sarà resa responsabile con il suo stipendio del sostentamento degli scartati. Ma questa prospettiva "realistica" ha già un tutt'altro aspetto quando si responsabilizzano con il loro sostentamento ad personam i poveri d'oggi e quelli in procinto di diventarlo per i costi, che cadranno domani: a questo punto è semplicemente un precetto dell'amore per i bambini il dispensare "l'economia di mercato sociale” dalla spesa per i vecchi, i malati ed i disoccupati.

- La "realtà" con cui "argomenta” il cancelliere, è (1) la dipendenza della stragrande maggioranza della popolazione dalla proprietà capitalista altrui, garantita dal potere dello Stato; cosa che fa valere con la sua riforma è (2) la dipendenza di questa stessa gente dalle disposizioni e dai servizi dello Stato sociale.

Quando si salta il primo punto e la ragione del secondo, poi non rimane che un'equazione di alta qualità morale: ricevere denaro dallo Stato sociale, significa dipendenza - e la dipendenza, in un paese veramente libero, è al di sotto della dignità umana! È il governo stesso che si occupa che quest'equazione nella pratica risulti corretta, togliendo denaro a persone che non hanno alcuna alternativa pretendendo al tempo stesso comprensione perché almeno il resto cosí è "al sicuro” - fino al prossimo emendamento. Cosa ne consegua sotto il profilo morale, lo spiega il cancelliere nel suo discorso:

"Il fine più alto della politica socialdemocratica è di guidare la gente al lavoro e non permettere che questa debba vivere a lungo dei sussidi statali. Questo non crea libertà… Centomila giovani che possiamo sottrarre alla pubblica assistenza collocandoli nel mercato del lavoro… sono cento mila possibilità di partecipare alla società ed alla democrazia.”

Pubblica assistenza è quasi violenza contro le persone dipendenti - così dice il cancelliere che spinge gli assistiti ad un livello in cui "una partecipazione alla società” è illusoria. Il lavoro salariato, al contrario, rende libero - questo è il nuovo credo dei socialdemocratici tedeschi.

1) Il senso più profondo di quest'addizione si chiarisce soltanto ad una seconda analisi: il cancelliere vuole dissuadere il suo partito dall'idea che le difficoltà delle casse sociali si lascerebbero risolvere con i mezzi offerti dal credito statale e che con l'impiego del debito statale si possano creare i "posti di lavoro”, cosi ardentemente desiderati. Con la sua connessione, costruita con tanta immedesimazione, riprende l'idea preferita dei riformatori socialdemocratici: l'idea che i crediti con cui lo Stato arricchisce gli investori, siano anche uno strumento adatto per il popolo dei dipendenti. Il cancelliere semplicemente rovescia l'equazione per attribuire alla pubblica assistenza il carattere di un peso morto che dovrebbe essere ridotto al pari del debito statale per cui il ministero del tesoro già a priori dilapida una parte crescente del suo bilancio. Capitalisti finanziari, banche e proprietari di buoni del tesoro tuttavia non devono preoccuparsi: il cancelliere non ha voluto dire che loro subiranno il taglio degli interessi come capita ai pensionati con le pensioni, oppure ai disoccupati con i sussidi di disoccupazione. Schröder sa distinguere fra i diritti sacrosanti della proprietà e le "conquiste” discutibili della povertà, alimentati dallo Stato sociale

2) A questo proposito al cancelliere viene in mente un applicazione particolarmente riuscita del ragionamento sul sistema capitalistico. Nel suo partito circola la proposta di rendere sicuri, dal lato finanziario, i sistemi sociali tedeschi spingendo lo stato a procurarsi il denaro di cui ha bisogno dai ricchi o anche dalle successioni. Il cancelliere ci spiega cosí il perché del suo No categorico: "Quando si vuole riformare i sistemi della sicurezza sociale e della previdenza, perché soltanto così possono essere mantenuti nella loro sostanza, bisogna imporre il cambiamento anche in questo sistema” (Der Spiegel 17/03) Chi vuole salvare il sistema sociale, di cui i socialdemocratici sono cosi fieri, non ne deve cambiare niente, perché con la povertà crescente non resta altro da distribuire che questa povertà…; quando il cancelliere ha ragione, ha ragione.

3) Tutta la bellezza di quest'argomento viene dimostrata nella grandiosa proposta di trasferirela previdenza di generazioni future di casi sociali al capitale ed ai suoi calcoli. La proposta si presenta come se non fossero più le future forze di lavoro a dover assicurare ai poveri il loro sostentamento, ma che fossero gli interessi che - non si sa da dove - porta il vento. In verità, però, si responsabilizzano le generazioni future di lavoratori salariati e in maniera ancora più aggravata: questi, infatti, non solo devono mantenere con il loro salario lordo di oggi i vecchi, ma i loro contributi pagati in un fondo, devono fungere da "coperta finanziaria”, cioè da capitale e devono pagare interessi in una quantità tale da garantire ai gestori dei fondi una rendita soddisfacente. Con questa "soluzione” ai giovani in realtà non è sottratto nulla che potrebbero "mangiare”. Vengono invece confrontati con impegni aggiuntivi: non importa cosa crei "la copertura finanziaria”, sono sempre loro, il mezzo attraverso cui questa lo farà. Almeno hanno la soddisfazione che i vecchi e non più utilizzati si sono creati la loro "coperta finanziaria” grazie ad una rinuncia supplementare - ed in questo modo sicuramente non hanno "mangiato” tutto…