La "grande trovata" della commissione "Hartz"

Disoccupazione come nuova forma salariale

"Combattere meglio la disoccupazione" era uno dei grandi temi della recente campagna elettorale in Germania, sia del candidato cristianodemocratico Stoiber, sia di quello socialdemocratico Schröder. Se da un lato l'opposizione di centrodestra, con il suo slogan, "sociale è (tutto) ciò che crea lavoro" ("Sozial ist was Arbeit schafft") ha "potuto" soltanto manifestare le sue migliori intenzioni sul tema, il governo, invece, ha dimostrato in concreto la sua "capacità di agire" formando una commissione, le cui analisi e proposte "rivoluzionarie" sono state presentate nel mese di agosto. Ora ad elezioni concluse queste proposte vengono messe in pratica.

In base alla grande "intuizione" della "commissione Hartz" in tema di disoccupazione ciò che è assolutamente certo è che:

- "solo" con provvedimenti per l'occupazione e la riqualificazione, cui la "clientela" degli uffici di collegamento viene sottoposta, finalizzati ad impedire che questa gente si "goda" la propria esistenza da disoccupato;

con tutto ciò che lo Stato sociale ha fatto fino ad ora per costringere i disoccupati a non ostacolare la propria rioccupazione e per guastargli la vita che essi vivono "a spese delle casse sociali" - una vita, che, stranamente, i disoccupati anche in Germania non hanno scelto - "solamente" con tutto ciò non si può più andare avanti.

Ciò che invece occorre, secondo le analisi della commissione, è una riforma radicale: bisogna tirare a lucido la forza lavoro di riserva in maniera tale da trasformarla in un'offerta irrifiutabile per i datori di lavoro1) .

In base al principio guida della commissione Hartz la riforma riguarderà tutti gli enti che si occupano di disoccupazione : verrà creato un nuovo "Ufficio per l'amministrazione della disoccupazione"- questo è il nuovo spregevole titolo ideologico dell'(ex) ufficio di collocamento -che dovrà fornire un vero e proprio "servizio" ai datori di lavoro.

Per fare ciò, in base alla proposta della Commissione, l'ufficio stesso diventerà attivo presentandosi alla sua clientela aziendale come una sorta di "intermediario commerciale" che offre, a condizioni irresistibili, l'acquisto temporaneo della "sua" forza lavorativa che così viene pubblicamente posta in vendita per ciò che realmente è - in base alla sua definizione economica -: una merce umana. 2)

In pratica verrà fondata un'agenzia alle dipendenze dell'ufficio di collocamento ed ad esso appartenente. A quest' agenzia verranno trasferiti quei disoccupati per i quali il cosiddetto "job center"- anch'esso una nuova istituzione realizzata all'interno dell'ufficio di collocamento - non è riuscito a trovare un posto di lavoro. Tutto ciò avverrà al più tardi dopo sei mesi dalla perdita del lavoro.

" Ad ogni ufficio di collocamento annettiamo una così detta "personal services agency" (PSA) che opera come un'agenzia privata di lavoro temporaneo o è addirittura una di queste.

Lì, i disoccupati divengono i suoi dipendenti con tutti i diritti e (soprattutto -ndR) i dover connessi.

In questo modo, in pratica, restano disoccupati soltanto per un secondo."

(Hartz, Der Spiegel 26/2)

In qualità di PSA l'ufficio di collocamento assume, in un rapporto regolato dal diritto del lavoro, quei disoccupati che egli "ritiene adatti" (Handelsblatt 15.8),

presentandosi in tal modo ad essi nella posizione legale di undatore di lavoro che li paga e li presta - "come un'agenzia privata di lavoro temporaneo"- ad imprenditori interessati, a condizioni concordate dall'ufficio di collocamento con gli imprenditori.

Differentemente da ciò che accade ancora oggi dove l'ufficio di collocamento offre una nuova occupazione alle persone in cerca di lavoro- e, al limite, le costringe ad accettarla - in futuro quest'ente, sostituendosi ai disoccupati e alla loro volontà, stipulerà per loro conto il contratto direttamente con i datori di lavoro.

Il rapporto di lavoro scaturisce così "automaticamente", come semplice effetto giuridico, dal fatto, che non è stato trovato subito un nuovo acquirente per la forza lavoro dei disoccupati: dopo sei mesi di falliti sforzi di collocamento i lavoratori perdonoil loro diritto alla libera disposizione della propria forza lavoro. Questo diritto passa, senza che loro possano dettare alcuna condizione, all'ufficio statale per il lavoro.

Questo, a sua volta, punisce il "rifiuto di lavorare" con il rifiuto dell' erogazione delle prestazioni: se un disoccupato "rifiuta l'assunzione presso l'agenzia, gli viene ridotta l'indennità dopo tre o sei mesi."

Per il presidente della commissione, il signor Hartz, i vantaggi di quest'innovazione sono evidenti:

"Mentre oggigiorno per l'ufficio di collocamento è particolarmente difficile forzare i disoccupati ad accettare determinati lavori, la PSA potrà facilmente imporli.

Perché, diversamente dall'ufficio, l'agenzia è un vero e proprio datore di lavoro e può, come un'impresa, usare le sanzioni sancite dal diritto del lavoro.Le persone che si rifiutano di lavorare vengono annotate e ricevono conseguentemente un'indennità considerevolmente più bassa."

(Hartz: Der Spiegel 32/2)

Hartz mette apertamente a verbale il fatto che la sua commissione lavori all'istallazione di una forma moderna di lavoro forzato organizzato dallo Stato.

Come si può costringere la gente ad accettare un lavoro? Questa questione - molto cara alla nostra società così libera e democratica - occupa la commissione, senza che ciò crei alcun malcontento (risentimento).

A questa domanda è già stata data in passato, nelle fabbriche, una risposta molto efficace da parte del diritto del lavoro; tanto efficace che lo Stato ora vuole applicare questa leva "testata" per imporre il potere decisionale del datore di lavoro di cui egli gode nei confronti dei suoi collaboratori anche al rapporto fra l´ufficio di collocamento e disoccupati dove i principi fin ora applicati si sono rivelati essere "deboli".

Il programma, ma anche il problema maggiore, della commissione Hartz è quindi chiaro: bisogna organizzare un "Arbeitdienst", un servizio di lavoro che, a differenza di quanto accadeva durante il fascismo, deve avere come obiettivo primario la rentabilitàdel lavoro per i datori di lavoro.

Considerato che sotto questo punto di vista gran parte della forza lavorativa tedesca si mostra inutilizzabile c'è bisogno di una soluzione differente e più sofisticata ed è per questo che lo Stato in prima persona risolve per conto dei suoi imprenditori il problema increscioso del salario facendolo pagare dall'agenzia per il lavoro (ovviamente non nella misura in cui lo pagano le agenzie private di lavoro temporaneo).

Secondo le ultime notizie, infatti, il salario dovrebbe essere pagato in base ad una tariffa speciale (PSA) che prevede salari d'entrata più bassi.

Per il finanziamento lo Stato sociale usa parti del salario delle persone occupate che egli ha già requisito in passato per finanziare l'amministrazione dei disoccupati da lui coordinata.

Quanto lui poi si riprenderà dalle imprese per la forza lavorativa a loro prestata è tutt'altra cosa. Questa è in principio una trattativa separata che intercorre tra la PSA e le aziende di volta in volta interessate: ne consegue che i costi di "leasing" di questi lavoratori per le aziende sono, se non nulli, quantomeno irrisori.

Anche i contributi previdenziali, infatti, vengono pagati dall'agenzia (PSA) che naturalmente li detrae dal fondo per la disoccupazione.

Per finire, i clienti della PSA vengono liberati automaticamente anche dal terzo - accanto al salario diretto ed ai contributi sociali - grande ostacolo all'occupazione : quelle restrizioni alla libertà del licenziamento che - secondo i più - costituiscono la vera "rugine" del mercato di lavoro. Gli operai in prestito, infatti, godono sì della tutela contro i licenziamenti ingiustificati, ma solo nei riguardi della "loro" agenzia cui, una volta trasferiti, non possono più sfuggire; per le imprese che prendono a prestito la loro forza lavorativa, al contrario, non vale nessuna restrizione.

Naturalmente i riformisti della Commissione Hartz vogliono che le loro proposte vengano interpretate come dirette alla creazione di nuovi posti di lavoro, posti aggiuntivi, e non come dirette al normale rinnovamento delle maestranze finalizzato al risparmio sul costo del lavoro.

Lo "charme" che il presidente della commissione attribuisce al suo concetto, però, non si esaurisce qui e l'allusione esplicita a riguardo, Hartz se la lascia strappare quasi volentieri, dal suo interlocutore dello "Spiegel":

"Spiegel: Però se un' impresa avesse un posto vacante potrebbe anche assumere direttamente un nuovo collaboratore.

Hartz: Nella maggioranza dei casi non lo farà, visto che sovente un lavoratore con contratto illimitato è troppo caro e difficile da licenziare.

Il mio concetto possiede lo charme del raggiungimento contemporaneo di due risultati.

Gli imprenditori possono creare posti di lavoro a prezzi bassi e,

ciononostante, gli impiegati dell'agenzia godono della piena protezione sociale:

impossibilità di licenziamento e previdenza sociale."

(Der Spiegel 26/02)

Lo "charme" di questo concetto risiede per gli imprenditori nel fatto che lo Stato li dispensa, da un lato, dal rispettare i termini di preavviso e le condizioni per il licenziamento finora vigenti e, dall'altro, da gran parte dei contributi sociali.

Lo "charme" del concetto per i disoccupati risiede, invece, nel fatto che lo stesso Stato si assume l'obbligo del loro sostentamento….. dopo averli trasformati in lavoratori giornalieri.

Questo sostentamento viene fissato dallo Stato che per fare ciò ha introdotto nel proposta diverse riflessioni aggiuntive, indirizzate in modo particolare alla famiglia, che garantiscano il sostentamento della "cellula riproduttiva dello Stato" anche quando chi dovrebbe sostenerla è ora un operaio mobile a tempo determinato. Ai "padri di famiglia disoccupati", infatti, verranno procurati dei posti di lavoro fissi di favore: i "giovani single", invece, dovranno confrontarsi con criteri d'accettazione più rigidi.

E così, dopo aver risolto tutti questi dettagli, si potrà incominciare con delle "belle" offerte speciali da parte dello Stato ai suoi imprenditori: le imprese potranno richiedere a piacimento e nella quantità desiderata "forze lavorative impiegabili a breve scadenza che siano, però, sempre licenziabili"; e ciò per qualsiasi tipo di lavoro e su tutto il territorio della repubblica.

I disoccupati verranno offerti dallo Stato agli imprenditori, che ne avranno piena disposizione, a condizioni imbattibili, e, forse, proprio per ciò verranno in futuro creati "nuovi" posti di lavoro.

L'esenzione degli imprenditori dall'obbligo di pagamenti regolari e dalle cautele legali necessarie nei confronti di un impiego regolare, infatti, avvicinerà un quantità maggiore della forza lavorativa nazionale allo sfruttamento capitalista.

In conclusione la commissione Hartz nella sua proposta ha "solamente" rafforzato il principio, in base al quale i lavoratori salariati in un'economia di mercato sono sempre subordinati ai datori di lavoro, ribadendo che, perchè possano essere assunte un maggior numero di persone, è necessario un maggior grado di sfruttamento del lavoratore e che, per fare ciò, le condizioni dello sfruttamento devono essere migliorate ed affinate.

Soltanto così i disoccupati potranno tornare ad essere membri utili (e utilizzabili) per la società. 3)

È così che funziona oggigiorno lo Stato sociale nella Repubblica Federale Tedesca, e non soltanto lì.

Nota 0: Quest'amministrazione è organizzata in Germania, così come in tutti gli altri paesi dell'Unione Europea, come una redistribuzione di una parte del salario, cioè dei redditi della classe operaia stessa, a favore di un sostituto salariale, tendenzialmente in calo e determinato nel tempo.

Nota 1: Questa "idea" non è certamente un'esclusiva tedesca ma è anche il principio guida del programma di riforma del mercato del lavoro del governo Berlusconi e - purtroppo - rappresenta anche l'argomento centrale della critica sindacale alle riforme stesse. Le "riforme di qualità" immaginate dalla CGIL e da Cofferati sono a detta loro la veraofferta alla competitività della economia italiana, non quelle proposte dal governo Berlusconi, per cui non esiste alcun fabbisogno da parte dell'industria. Cosa viene inteso con "riforme di qualità" lo ha citato lo stesso Cofferati rifacendosi al modello - "5000 (DM) X 5000 (ore lavorate)" - della casa automobilistica tedesca Volkswagen. Proprio il dirigente della VW responsabile della riforma - il signor Hartz - , in virtù della sua esperienza in tema di "riforme di qualità", é stato ora nominato dal governo Schröder " presidente della nuova commissione di riforma del mercato del lavoro.

Nota 2: È un' infamia quella di usare come tecnica di collocamento lapeculiarità stessa della merce forza lavoro : quella di non avere nessuna proprietà. Lo Stato borghese ha, infatti, trasformato lo status "non avere proprietà" in quello, di essere proprietario di se stesso, ma così fancendo ha la persona un "patrimonio" - e pertanto una merce - che, però, "purtroppo" non è separabile dalla necessità che questa ha di vivere. I diritti che lo Stato attribuisce alla forza lavoratrice, infatti, non hanno posto fine a questo suo status di merce ma, al contrario, lo hanno rafforzato. Lo slogan "No a un lavoro come merce!" pronunciato dalla CGIL durante la campagna contro l'art. 18 fa presupporre che le lotte passate dei lavoratori abbiano posto fine a questo status miserabile….solo per potere accusare Berlusconi del fatto di voler reintrodurre uno condizione da tempo sorpassata.

Nota 3: Naturalmente si può pensare ad un cambio di strategia che porti ad abbandonare la posizione difensivista e passare all' "attacco" con delle proposte finalizzate alla creazione di nuovi posti di lavoro. Il problema di queste proposte, però, è che devono risolvere il problema di come "migliorare profondamente le condizioni di sfruttamento a vantaggio degli imprenditori" e non, come dovrebbe essere, a quello di "come migliorare le condizioni di vita dei lavoratori". È veramente un peccato che non si possa elimare questo miserabile conflitto tra classi all' interno di un sistema capitalistico, neppure essendo un sindacato forte e "sulla strada giusta" (F. Bertinotti) dello sciopero generale …. "per l'Italia!" (CGIL).