Venezuela
Il declino del “Socialismo bolivariano” e le sue ragioni
Il Venezuela è in rovina. I fenomeni del declino totale di questo paese vengono descritti più o meno dettagliatamente sui nostri giornali: un’economia in sfacelo che si occupa più delle transazioni del mercato nero e del contrabbando nella vicina Colombia che dell’approvvigionamento del paese con i beni di prima necessità; un denaro con il più alto tasso di svalutazione reale al mondo; un debito pubblico internazionale estremamente elevato che lo stato non è minimamente in grado di ripagare; e infine una lotta aperta per il potere nello Stato tra l’opposizione che ha la maggioranza in parlamento e il governo del successore di Chávez, Nicolás Maduro, che si contestano reciprocamente la legittimità e si confrontano apertamente in scontri per le strade seminando morte e stragi. Gli effetti sulla popolazione di questo declino nazionale sono descritti con un linguaggio ancor più compassionevole: un popolo che soffre o muore di fame, la cui vita quotidiana consiste unicamente in una lotta per la sopravvivenza alla quale molti si ritraggono fuggendo nei paesi vicini.
Allo stesso tempo, i commenti dell’opinione pubblica dimostrano che si tratta di un caso diverso dal solito paese del terzo mondo inserito nel, e rovinato dal capitalismo mondiale: Qui si tratta di un paese “in effetti ricco”, uno Stato produttore di petrolio – un’indicazione che tende a far apparire come un paradosso sia lo stato desolato della sua economia e delle finanze pubbliche e il crescente impoverimento della maggior parte della popolazione. E prima di tutto fallisce un programma che intendeva liberare il popolo e la Nazione tramite le entrate della vendita del petrolio proprio da queste misere condizioni di vita [ 1 ] e a cui viene ciononostante – anzi: perciò – data la colpa del suo fallimento descritto tanto accuratamente, il che sarebbe già la spiegazione del presunto paradosso. Questo metodo suona così:
“Il crollo dei prezzi del petrolio ha rivelato quanto il defunto presidente Hugo Chavez abbia sottomesso il paese alle ripercussioni del commercio del petrolio. Il suo sistema funzionò solamente finché il petrolio riversò abbastanza dollari nel paese. Chávez usò questi dollari per fare regali al suo popolo, per sviluppare programmi sociali e addirittura per pagare le importazioni di generi alimentari. Dopo la morte di Chávez nel 2013 il suo successore Nicolás Maduro continuò questo sistema, fino al punto che non funzionò più. Ora mancano i dollari, ora non ci sono più regali, e la società statale Petroleós de Venezuela (PDVSA), il cuore centrale dell’economia del paese, è sull’orlo del fallimento proprio come l’intero Stato. Una delle leggi ferree dell’industria petrolifera è che bisogna costantemente investire denaro per mantenere stabili i volumi di produzione. Nella fase di prezzi elevati, le aziende e i paesi di tutto il mondo hanno investito somme enormi per sviluppare nuovi campi e per ottenere almeno sempre la stessa quantità dalle vecchie fonti. Questo è stato uno dei motivi principali dell’eccesso di offerta e spiega in parte il rapido aumento dell’industria petrolifera di scisto negli Stati Uniti. La PDVSA ha trasferito invece la maggior parte dei suoi profitti allo Stato e ha investito troppo poco.... Oggi il Venezuela produce solo la metà del petrolio che estraeva prima della presa di potere di Chávez nel 1999. Il Venezuela inoltre non riceve più soldi per buona parte del suo petrolio. La Cina ha prestato al governo Maduro più di 50 miliardi di dollari – e si fa pagare i suoi debiti in petrolio per i prossimi anni. Allo Stato venezuelano restano meno di un milione di barili al giorno di esportazioni pagate.” (Sueddeutsche Zeitung, 22.4.17)
Per cominciare, una bugia audace: la dipendenza del paese dal petrolio – il lavoro di Chávez!
Il redattore della SZ (il rinomato quotidiano della Baviera) è naturalmente consapevole che anche tutti quegli anni prima di Chávez il Venezuela non era altro che uno stato petrolifero, la cui vita interna e lo status internazionale dipendevano dalla sua funzionalità per il mercato mondiale dell’energia. Nonostante ciò vuole basare la sua accusa sull’affermazione che il governo Chávez sviluppa su questa fonte di ricchezza tutto un programma che va contro le necessità oggettive che dovrebbero derivare dallo status di un paese petrolifero in pieno capitalismo. Chiunque sia così irragionevole da usare la sua ricchezza per “programmi sociali” e “importazioni di cibo” per la popolazione si deve addossare tutte le colpe se fallisce. Non ha semplicemente capito a cosa servono gli introiti dalla vendita del petrolio. Questo è il metodo distaccato e arrogante della stampa borghese per dichiarare la ricchezza capitalista incompatibile con un programma di riduzione della povertà e per insistere allo stesso tempo sul fatto che questa affermazione parli senza dubbio a favore di questo sistema economico e della sua marcia trionfale globale e contro qualsiasi obiezione pratica ai suoi effetti sul popolo e sulla nazione.L’appello del giornale SZ per l’unico uso ragionevole degli introiti del petrolio rivela pure quale sia la “ragione” prevalente sul mercato mondiale dell’energia, alla quale uno Stato petrolifero dovrebbe sottomettersi nei propri interessi: “Grandi somme” devono essere investite in una “fase di prezzi elevati”, per ottenere l’effetto di un “eccesso di offerta” e quindi di una riduzione dei prezzi e altri effetti della concorrenza sul mercato petrolifero mondiale. Su questo mercato la domanda da parte delle metropoli capitaliste e le loro congiunture economiche sono il dato decisivo, che rivela il vero valore della “ricchezza petrolifera” e quali sono gli antagonismi tra i paesi fornitori che competono per lo sfruttamento di quest’ultime.
Tutto questo dimostra quanto sia contraddittoria la posizione di uno Stato petrolifero nel capitalismo globale e che è una beffa credere che la richiesta di sottomissione delle ambizioni nazionali alla funzionalità per il mercato mondiale dell’energia sia non solo l’unica soluzione, ma anche il meglio che possa accadere a un tale paese.
L’unica cosa vera in tutto questo è che Chávez e i suoi compagni politici volevano con gli introiti del petrolio nazionale fare effettivamente qualcosa di diverso da tutto quello che i governi prima di loro avevano fatto e certamente diverso da quello che gli scrittori del comitato di vigilanza del giornale bavarese SZ considerano sia l’unica cosa sensata da fare. L’altra cosa vera è che hanno fallito.
1. Uno stato del petrolio con una popolazione in gran parte superflua, inserito in pieno nel mondo imperialista – e come il progetto di Chávez voleva cambiare questa situazione
Il Venezuela, il cui radicale cambiamento Chávez e i suoi compagni d’armi hanno inteso gestire, è classificato come un paese di materie prime, inserito in un mercato mondiale dell’energia, che vive di questo scambio mondiale. La ricchezza del paese si basa sul fatto che una notevole quantità di petrolio si trova sul suo territorio o al di sotto di esso: La domanda da parte dei centri del capitalismo mondiale di questa materia prima fornisce al sovrano venezuelano una grande quantità di denaro mondiale nella sua forma più solida, dollari americani, perché il mercato internazionale del petrolio è organizzato come mercato di dollari. Lo Stato ha quindi una fonte che gli procura una ricchezza permanente di denaro, completamente indipendente dai servizi riproduttivi della sua società – un tipo di ricchezza che non è il risultato della produttività nazionale, non è affatto dipendente da un’economia nazionale efficiente, ma affluisce nel paese attraverso un business tra lo Stato e l’estero, del tutto separato dalla vita economica nazionale.
Da un lato, la ricchezza in dollaro petrolifero svaluta o addirittura distrugge molti settori di attività che costituivano precedentemente l’economia del Venezuela [ 2 ] e, d’altra parte, fa crescere un’economia d’importazione che acquista all’estero in dollari tutto ciò che è necessario ma non viene prodotto nel paese. Ciò vale sia per il fabbisogno di consumo di un’élite, che accumula una ricchezza considerevole in quanto è beneficiaria del denaro mondiale che fluisce nel paese, sia per il consumo di una minoranza della popolazione, occupata come lavoratori nell’industria petrolifera o come fornitori di servizi per la ricca borghesia, nonché per il fabbisogno di mezzi di produzione, che servono direttamente o indirettamente alla produzione di petrolio.[ 3 ] Il Venezuela diventa un “paese petrolifero” la cui economia si basa interamente sui ricavi in dollari derivanti dalle vendite di petrolio.
Il fatto che con la crescita della domanda di petrolio da parte delle metropoli capitaliste, lo stato e l’imprenditoria privata si siano aperti una fonte di ricchezza diversa, molto più produttiva, dello sfruttamento del loro popolo, permette loro di “vivere molto al di sopra delle loro condizioni nazionali”: La ricchezza di dollari che acquistano e spendono supera di gran lunga quella che l’economia nazionale è in grado di guadagnare nella concorrenza internazionale. La grande massa della popolazione non è necessaria per la nascita di questo tipo di ricchezza statale, ed è quindi esclusa da ogni riproduzione regolamentata e si raccoglie nelle vaste baraccopoli delle grandi città, separate da questo tipo di ricchezza nazionale a cui la popolazione non contribuisce e da cui non ottiene nulla.
Chávez e i suoi compagni d’armi considerano questa situazione della nazione e del popolo intollerabile – e uno scandalo soprattutto in considerazione della ricchezza di petrolio. I risultati della partecipazione del paese al capitalismo globale – la ricchezza in dollari che affluisce nel paese, della quale la borghesia nazionale e l’élite al potere si appropriano, da un lato, e, dall’altro lato, le masse nazionali, che per via di questa ricchezza e della sua distribuzione sono escluse dalla vita economica del paese, e poste nello stato di un onere inutile – i Chávisti trattano il tutto come se fossero due risorse precedentemente separate, alienate o inutilizzate, che devono solo essere adeguatamente riunite per raggiungere lo sviluppo nazionale previsto. In questo senso, attribuiscono l’attuale costituzione economica del paese ad una politica che serve solo interessi meramente particolari, invece di essere al servizio del progresso del popolo e della nazione. Il nuovo governo intende correggere questa situazione: I ricavi in dollari devono essere utilizzati per la promozione del popolo e lo sviluppo di una vita economica nazionale che comprende le masse e con ciò la fonte di ricchezza del paese e la potenza creativa del popolo devono essere resi, sotto la direzione di una leadership politica consapevole a livello nazionale, reciprocamente produttivi l’uno per l’altro e quindi anche per la nazione. Così alla nazione viene data una nuova ‘ragion di Stato’ sotto la bandiera del ‘socialismo bolivariano’: In politica estera si tratta di rinunciare allo status di paese collocato nel mercato mondiale dominato dagli Stati Uniti e nel cortile degli Stati Uniti e di diventare la forza trainante dell’emancipazione politica di tutta l’America Latina dal “neocolonialismo” statunitense.[ 4 ] All’interno, le due carenze nazionali constatate da Chávez – l’appropriazione e l’uso improduttivo di dollari petroliferi a livello nazionale e l’impoverimento improduttivo di gran parte della popolazione – devono essere eliminate in modo che la popolazione possa diventare finalmente anche politicamente la base di sostegno dello Stato.
A tal fine, Chávez organizza un sostegno statale a favore dei cittadini nei settori dell’istruzione, della sanità, dell’alloggio, ecc. per creare le condizioni basilari per poter coinvolgere il popolo nel programma nazionale di costruzione politico ed economico. Con la riforma agraria, la promozione delle cooperative e i sussidi salariali, intende a mettere il suo popolo nella condizione di dare il suo contributo all’economia nazionale ed assicurasi così i mezzi di sostentamento – sia con la produzione agricola su piccola scala sia nelle cooperative o come lavoratore salariato. Dall’altra parte, il reddito in dollari del paese deve essere utilizzato per costruire ed espandere la produzione nazionale al fine di ridurre la sua dipendenza totale dagli introiti petroliferi e quindi dalle importazioni e di trasformare Venezuela in una “potenza economica” che si basa non solo sulla sua economia petrolifera ma anche sulla produzione agricola e industriale nazionale.[ 5 ]
Per lo sviluppo nazionale, si promuove sia l’attività delle imprese private sia l’espansione delle imprese di proprietà statale sia la creazione di nuove cooperative: Tutte le entità economiche, siano quelle già esistenti o quelle di nuova costituzione, darebbero così il proprio contributo alla produzione e all’alimentazione del popolo e quindi funzionerebbero come elementi paritari in un nuovo contesto nazionale produttivo globale.
In questo contesto il governo non si lascia irritare dal fatto che tutti questi propositi perseguono scopi molto diversi e conflittuali – da una parte le aziende concorrono per la vendita redditizia dei loro prodotti e per gli imprenditori, che calcolano il loro profitto, la forza lavoro impiegata è un fattore di costo da tenere assolutamente basso, e dall’altra la partecipazione dei lavoratori allo sviluppo economico dovrebbe riflettersi in salari sufficienti e in una partecipazione alla ricchezza da loro creata. Nella sua “terza via” [ 6 ] il governo si vede in possesso dei mezzi necessari per la realizzazione del suo ideale: in primo luogo, ha il comando sulla società; in secondo luogo, possiede un’immensa ricchezza statale sotto forma di denaro mondiale e quindi un potere finanziario statale con il quale le aziende possono essere create, espanse, alimentate e rese redditizie. In terzo luogo, possiede un popolo che sente solo il bisogno di poter rendersi economicamente utile. In questo modo si svilupperebbe una vita economica in cui il popolo trova lavoro e le imprese diventano produttive non solo per se stesse, ma anche per gli altri e per lo Stato.
Da leva e motore decisivo per questo programma di ripresa economica e di sviluppo deve fungere la compagnia petrolifera statale (PDVSA): I suoi miliardi di dollari vengono usati per finanziare lo sviluppo e i fondi sociali con cui si manda avanti il progetto nazionale.[ 7 ]
Il suo programma di eliminare la separazione della ricchezza petrolifera dalla riproduzione economica e quindi di eliminare la separazione dei relativi introiti in dollari dal benessere del popolo venezuelano si basa proprio su quel tipo di ricchezza in dollari che si realizza ed esiste indipendentemente dalla e in contrasto con la vita economica della nazione.[ 8 ]
Chávez intendeva eliminare con la sua “terza via” dedicata al progresso e all’indipendenza della nazione gli effetti rovinosi che la ricchezza di denaro (in forma di petrodollari) che affluiva nello stato aveva avuto sulla società e sul popolo reso in gran parte economicamente inutile, – e per questo programma alternativo si riferisce e intende utilizzare proprio questa fonte di ricchezza straniera da cui in effetti vuole rendere il paese più indipendente. Questa è la contraddizione base con cui il suo programma dovrà confrontarsi in tutte le fasi della sua realizzazione.
2. Risveglio nazionale – il governo si prende la libertà che la ricchezza del petrolio gli offre
Già per i governi precedenti era ovvio impiegare la ricchezza petrolifera del Venezuela per accedere ad ulteriori fondi di finanziamento attraverso il settore creditizio internazionale: il fatto che il mondo finanziario non fosse riluttante ad acquistare obbligazioni in dollari da un paese che predispone delle “più grandi riserve petrolifere del mondo”,[ 9 ] è un’offerta che anche i pionieri del nuovo percorso nazionale non rifiutano, pensando che una maggior libertà finanziaria dovrebbe rendere il loro programma di sviluppo della nazione più indipendente dall’attuale flusso di entrate in dollari.[ 10 ]
In base a questa duplice potenza monetaria mondiale, la moneta nazionale aumenta anche in qualità: essa trae il suo valore e la sua affidabilità interamente dalla ricchezza che affluisce allo Stato, emittente del Bolívar, dall’estero. L’ampia disponibilità di dollari, derivanti dal petrolio o dal mondo finanziario, è la base economica per la sua libertà nell’uso della sovranità monetaria nazionale. La qualità economica del denaro venezuelano dipende quindi interamente da quante entrate in dollari lo Stato ricava dal business del petrolio e, su questa base, dal credito internazionale. Dipende cioè dal fatto che e in che misura può disporre di denaro di valore indubbiamente valido, ma straniero, soprattutto di dollari, dei quali lo Stato americano è l’emittente e garante e la cui qualità economica consiste nel suo impiego da parte del capitale internazionale in tutte le regioni capitalistiche al di fuori del Venezuela.
Il fatto che tutto questo denaro non deriva dalla capacità competitiva dell’economia interna, cioè dall’applicazione proficua del lavoro nazionale, ma ha un valore solo perché si fonda sulla disponibilità dello Stato di una fonte affidabile di denaro mondiale, viene concepito e trattato dal governo Chávez solo in riguardo al suo lato positivo: come una buona condizione per fare ampio uso della sovranità monetaria nazionale sostenuta dal dollaro. Ciò offre al mondo imprenditoriale venezuelano un Bolívar per fare affari, il cui valore e capacità economica è al di là di ogni dubbio – proprio perché non dipende dalle prestazioni redditizie a livello mondiale di un’economia nazionale, che è ancora da costruire con l’aiuto di investimenti monetari statali.
Per sottolineare l’affidabilità del proprio denaro, il nuovo governo garantisce nei primi anni che il suo Bolívar può essere cambiato in qualsiasi momento in dollari ad un tasso garantito dallo Stato – quindi il Bolívar è messo in una concreta relazione con il potere detenuto dallo Stato in dollari, come base e garanzia, che lo dovrebbe fare accettare come se fosse dollaro. Per questo motivo uno scambio non sarebbe necessario, con la conseguenza che il possesso di Bolívares guadagnati nel paese e il loro ulteriore uso commerciale sarebbero sufficientemente giustificati. Su questa base, i capitalisti nel paese dovrebbero fare affari nel Venezuela e con il denaro nazionale e quindi certificare la sua capacità economica.
Confidando nella qualità del credito nazionale, garantita dagli afflussi di dollari allo Stato e dalla sua promessa di cambiarli quando è necessario, gli organizzatori del “socialismo bolivariano” fanno ampio uso della loro libertà di aumentare da parte loro la quantità del proprio denaro, di indebitare la loro società secondo le proprie esigenze e di finanziare la spesa interna in enorme crescita risultante dal loro programma.[ 11 ] Ad esempio, portando avanti progetti infrastrutturali, ampliando gli apparati statali e militari in termini di personale, installando i programmi sociali chiamati “misiones”, eccetera, il che comporta, da un lato, un considerevole debito pubblico interno e, dall’altro, un balzo in avanti del potere d’acquisto.
3. Il mondo degli affari accetta l’offerta e fa i propri conti con il nuovo programma governativo
Con la proclamazione di una nuova ragione di stato e quindi di condizioni di business fondamentalmente cambiate, il governo incontra una forte resistenza da parte di alcuni degli utenti precedenti del vecchio sistema. Molti imprenditori privati trasferiscono subito i loro capitali all’estero perché concludono che nel nuovo programma chavista non c’è spazio per le loro rivendicazioni e i loro diritti. Altre persone finora responsabili e profittatori, soprattutto nelle immediate vicinanze dell’industria petrolifera, conducono in modo offensivo la loro battaglia contro il nuovo sistema all’interno del paese, istigano scioperi e un vero e proprio colpo di Stato – insieme all’ex élite al potere, che è stata spinta all’opposizione politica – e, dopo la sua repressione, trasferiscono anche loro i loro beni fuori dal paese.
Gran parte delle aziende private, tuttavia, prende l’invito del governo ad assumere un ruolo attivo nella costruzione della nazione bolivariana soprattutto come una buona notizia: In Venezuela c’è un sacco di soldi in valuta forte da guadagnare. Da un lato, lo Stato fa di se stesso e della sua solvibilità una fonte diretta di affari, consentendo alle imprese di costruzione e di infrastruttura nazionali, ma soprattutto internazionali di guadagnare denaro nell’ambito del suo programma di sviluppo, pagandoli per la costruzione di appartamenti, strade e aeroporti – il tutto con pagamento in dollari: per le società straniere [ 12 ] in ogni caso, per le imprese nazionali indirettamente, dovendo acquistare quasi tutto il necessario per la costruzione di tali grandi progetti sul mercato mondiale.
D’altra parte approfitta del nuovo programma nazionale quel settore privato che si adegua all’impegno e l’interesse del governo a migliorare la fornitura di servizi pubblici. Poiché la produzione alimentare nazionale è ben lungi dall’essere sufficiente, soprattutto le imprese commerciali possono sfruttare il potere d’acquisto che i programmi sociali del nuovo governo hanno notevolmente aumentato: Importano i beni alimentari di cui il paese ha bisogno, approfittandosi del crescente potere d’acquisto della popolazione sostenuto dalle sovvenzioni statali.
Il vantaggio di queste condizioni per le aziende è soprattutto che sono autorizzate ad offrire prezzi generosamente variabili per i beni e i servizi richiesti. Soprattutto la frazione imprenditoriale, che fa direttamente affari con il potere d’acquisto della popolazione, ha la certezza – piuttosto insolita per un’economia capitalista – che lo stato reagisce agli aumenti dei prezzi aumentando i salari e le prestazioni sociali, al fine di compensare le conseguenze di questi aumenti per la popolazione. Così si è affermato un tasso di inflazione del 18 al 25 per cento come condizione permanente nell’economia venezuelana. È il prezzo dell’uso estensivo che lo Stato chavista fa della sua libertà di stabilire una solvibilità che cresce indipendentemente da qualsiasi crescita economica reale nel paese. Così il mondo degli affari si arricchisce in Venezuela utilizzando il potere economico e il programma politico dello Stato per il suo interesse a margini di profitto più alti possibili.
Il settore che sta vivendo la maggiore ripresa in questo “boom dei consumi”[ 13 ] è quello delle importazioni: da un lato fornisce i mezzi di produzione necessari alle aziende produttrici del Paese, dall’altro lato e soprattutto acquista all’estero, principalmente negli USA, generi alimentari, medicinali, abbigliamento, elettrodomestici, ciclomotori, ecc. pagandoli in dollari per poi rivenderli in Bolívares, i quali vengono poi nuovamente scambiati in dollari per finanziare i prossimi affari. L’espansione del potere d’acquisto sociale da parte dello Stato crea quindi una domanda costante di dollari da parte degli importatori, che si rivolgono così allo Stato e rivendicano il suo reddito monetario di dollari per i loro affari. Le società coinvolte in questi affari e che costituiscono gran parte dell’economia usano il denaro nazionale per il loro business, ma non lo usano per investirlo in modo produttivo in Venezuela, ma lo convertono in dollari. Il mondo dell’economia privata può così accumulare i suoi profitti senza che questi successi riducano la dipendenza dell’economia nazionale dall’uso di valute – anzi, si basano sul loro uso, vale a dire non solo rafforzano la dipendenza dagli introiti del petrolio dello Stato, ma la aumentano costantemente.
Così, il mondo degli affari nazionale e internazionale è stato per anni in grado di fare affari con questo Stato e con il suo programma alternativo, nonostante le lamentele che accompagnano la “cattiva gestione socialista”, producendo tassi di inflazione considerevoli e una crescente domanda di dollari all’interno del paese e quindi basando le sue attività interamente sulla solvibilità internazionale dello Stato. Lo Stato è e rimane il soggetto effettivo dell’economia nazionale: lui versa permanentemente i suoi ricavi in dollari nella società, facendo così uso pratico del suo potere monetario e riproducendo la dipendenza dell’economia venezuelana e della moneta nazionale dalle entrate in dollari: con questa disponibilità di dollari, dipende interamente il programma di Chávez.
4. I cittadini colgono le nuove opportunità, con un successo ambivalente per il loro governo
Anche il cambiamento delle condizioni di vita della popolazione avviene tramite l’impiego della ricchezza in dollari che lo stato guadagna con la vendita del greggio – e la gente ha molto da fare con il nuovo programma: I comuni dei distretti urbani, finanziati dallo Stato, organizzano la raccolta dei rifiuti, la fornitura di energia elettrica, il trasporto in autobus, ecc., ristrutturano le case o le portano in uno stato abitabile; la popolazione utilizza attivamente i centri sanitari delle città e dell’intero paese, dotati di medici cubani, ecc.; costruisce e visita con entusiasmo scuole e altri istituti scolastici, anche gli anziani imparano a leggere e a scrivere, di modo che lo Stato costruisce accanto alle università scuole secondarie e istituti tecnici di formazione, che normalmente erano esclusivamente private e costose; si creano nuove stazioni radiotelevisive, ecc.
Così la popolazione, che è materialmente in una posizione migliore, sviluppa molte attività sociali, ma l’obiettivo nazionale reale di queste alleanze popolari, che va oltre la soddisfazione delle esigenze primarie di vita, viene perso di vista: i soldi che il governo spende per ridurre la povertà, migliorare le cure mediche, la situazione degli alloggi, l’istruzione, ecc. dovrebbe in ultima analisi consentire al popolo di diventare l’elemento di sostegno del programma di sviluppo economico. Le cooperative, in cui i companeros si rendono utili, sono invitate a realizzare un profitto con la loro produzione. In genere non raggiungono però questo scopo, cosicché rimangono società sovvenzionate dallo stato, che, nonostante la loro forma “progressiva” di proprietà non riescono a concorrere con i loro prodotti contro le merci a basso costo provenienti dall’estero e di conseguenza dipendono in questi casi da un sostegno statale.
Anche il settore produttivo privato, che esiste nel paese, non cresce o cresce in misura insufficiente, cosicché lo sviluppo di una produzione nazionale indipendente dai sussidi statali non procede – con il risultato che il coinvolgimento pianificato della popolazione in un’economia nazionale fiorente non avviene per mancanza di opportunità. Le persone ottengono un miglioramento delle loro condizioni di vita, pur rimanendo però la variabile dipendente dalla disposizione dello Stato di dollari e dalla sua economia su base di un continuo addebitamento.
Così, mentre in Venezuela prima di Chávez una minoranza ha beneficiato di una ricchezza che non si basa sulla produttività nazionale, lo stato del ‘socialismo bolivariano’ ora permette a tutta la sua società di ‘vivere al di sopra delle proprie possibilità economiche’ – finchè la ricchezza guadagnata esternamente lo permette. Dopo tutto, la maggioranza della popolazione lo ringrazia scoprendo per la prima volta ragioni materiali per un positivo riferimento patriotico verso la propria nazione e sostiene il proprio governo nella lotta permanente per il potere nazionale. Questa parte del programma nazionale di trasformazione sta quindi compiendo progressi: la popolazione viene politicizzata con successo, la maggior parte di essa è coinvolta in una delle numerose organizzazioni di massa e può essere mobilitata su vasta scala per difendere i “risultati socialisti”, se e quando il governo lo ritiene necessario. Ma è anche chiaro che la partecipazione politica della maggioranza della popolazione per Chávez, Maduro e Co. dipende dal fatto che vedono buone ragioni per questo – e queste ragioni dipendono dalla volontà e capacità dello Stato di alimentare il suo popolo con dollari.
5. Il governo impone alla comunità imprenditoriale il suo programma, rafforzando così le contraddizioni tra imprenditoria e Stato
Il governo deve constatare che le pratiche commerciali del settore privato sono contrarie al suo programma per la nazione.
La libertà delle imprese di fissare a proprio gusto i prezzi dei loro prodotti vanifica gli sforzi del governo per migliorare l’approvvigionamento della sua società: I continui aumenti dei prezzi tolgono i soldi dalle tasche della gente più velocemente di quanto loro li possano spendere. Di conseguenza il governo contrasta questa libertà imprenditoriale imponendo un limite all’aumento dei prezzi per diversi prodotti cercando di costringere in tal modo il mondo imprenditoriale a prezzi socialmente accettabili. Oltre a questi limiti alla loro attività sul fronte dei prezzi, le imprese private che producono nel paese, per le quali nulla è più ovvio che impiegare la forza lavoro solo a salari assolutamente bassi e con tutta la libertà imprenditoriale in termini di requisiti di prestazione, sono tenute a trattare la propria forza lavoro in un modo direttamente contrario al loro interesse ad una massima redditività: Le leggi sulla salute e sicurezza sul lavoro che regolano la durata della giornata lavorativa e le pause, nonché un salario minimo legale, che il governo adegua per decreto periodicamente a seconda dell’inflazione, sono intese a garantire che il lavoro retribuito possa in qualche modo anche sostenere e nutrire quelli che lo eseguono.
Il governo insiste quindi sul fatto che l’invito al mondo degli affari a guadagnare denaro con lo sviluppo della nazione sia legato alla condizione che l’interesse dell’imprenditore al profitto debba essere funzionale alle idee dello stato riguardanti un impiego produttivo del suo popolo e il miglioramento delle sue condizioni di vita. Con regolamentazioni restrittive degli affari da un lato e la concessione di prestiti e l’accesso alle valute, cioè ai dollari, dall’altro lato, il governo si dà da fare per superare la contraddizione che ha installato ovvero il fatto che l’attuazione del suo programma dipende dai servizi dei capitalisti venezuelani e che allo stesso tempo non è semplicemente lasciata ai loro calcoli aziendali, che creano una necessità permanente di regolamentazione e finanziamento da parte del governo. Il programma di Chávez intende raggiungere una coincidenza degli interessi di profitto delle imprese private, da un lato, con il servizio richiesto alla nazione, dall’altro, imponendola con la forza del potere pubblico e con i soldi. Tali ingerenze dello Stato nella libera crescita dei profitti della proprietà privata sono in diretta contraddizione con lo scopo che l’imprenditoria persegue con il suo “servizio”: I prezzi rigorosamente limitati dal governo, in combinazione con le norme sui salari minimi e sulla salute e sicurezza sul lavoro, rappresentano un ostacolo inaccettabile per le imprese interessate a fare profitto. A causa di questo ‘danno’ sistematico alle loro attività molte imprese interrompono la produzione. Le imprese, nazionali e straniere, operanti nella costruzione di alloggi per esempio, deducono dalla pretesa dello Stato che le nuove unità abitative debbano essere così a buon mercato che la gente se le possano permettere, una sola cosa: in queste condizioni di ostilità ad un profitto del tutto legittimo, gli investimenti nel settore edile non hanno alcun senso capitalista, vale a dire non hanno nessun senso e quindi cessano le loro attività su larga scala – le imprese straniere si prendono i loro dollari guadagnati in Venezuela e lasciano il paese. Quando il settore privato viene meno al suo servizio, lo Stato stesso assume il controllo delle società, se le considera importanti o ne previene la chiusura con la loro nazionalizzazione, pagando ai proprietari un risarcimento dalle casse statali:[ 14 ] il disavanzo di queste società, gestite dallo Stato o dalle cooperative, deve quindi essere finanziato con risorse proprie. In altri casi, egli stesso importa i beni che considera importanti [ 15 ] e con i quali è rifornita la rete di negozi a basso prezzo sovvenzionati dallo Stato.
In questo modo il governo non solo non raggiunge l’obiettivo di ridurre la domanda di importazioni attraverso l’espansione della produzione interna, ma al contrario: il settore della produzione diminuisce, al che le contemporanee importazioni contribuiscono in modo sostanziale. I prodotti fabbricati all’estero, preferibilmente negli Stati Uniti, da capitali organizzati a livello mondiale con una produttività superiore producono merci più economiche a prezzi imbattibili dai producenti venezuelani, perché la possibilità di compensare questa realtà da parte delle aziende nazionali abbassando i salari dei loro dipendenti non fa parte del programma statale che promuove un miglioramento delle condizioni dei lavoratori con un decreto sul salario minimo e con altre disposizioni di leggi sul lavoro. Il tasso di cambio favorevole fissato dal governo per le importazioni nei settori alimentari e farmaceutici, particolarmente importanti per il suo programma, costituisce per i paesi esteri un ulteriore vantaggio in termini di produttività. Di dazi protettivi non se ne parla nemmeno, perché sarebbero in diretta contraddizione con l’obiettivo di forniture a basso costo. Le importazioni, da cui il governo si aspettava in realtà uno stimolo per l’espansione del settore produttivo nel Paese, diventano sempre più un surrogato, un ostacolo e, in ultima analisi, la causa della progressiva distruzione del settore produttivo.
Questo calo della produzione nazionale e la conseguente ripresa del settore delle importazioni aumentano la pressione sulle finanze pubbliche e diventano un’ulteriore fonte di contraddizioni permanenti e crescenti tra lo Stato e il mondo imprenditoriale. La contraddizione è che lo Stato lega l’uso delle sue attività denominate in dollari ai suoi scopi politici, la cui realizzazione dipende da un mondo di affari che calcola su base dell’utile generato e quindi del vantaggio finanziario realizzato. Questa contraddizione è la base per un continuo tiramolla di provvedimenti statali “generosi” nei confronti del fabbisogno valutario dei suoi imprenditori – dopo tutto, loro devono procurare le importazioni necessarie – e un’intensificazione dei controlli e delle restrizioni – dopo tutto, il governo vuole garantire che l’uso della sua valuta estera sia anche nel suo interesse. In questo modo lo Stato con ogni decisione che prende per uno dei due lati della stessa medaglia, appunto della sua contraddizione, si muove automaticamente contro l’altro lato.
Ma non solo per le aziende importatrici, addirittura per l’intera comunità imprenditoriale, il dollaro è stato fin dall’inizio il punto di riferimento centrale per tutte le attività economiche del paese: Si tratta in fin dei conti della misura decisiva del valore delle proprie attività commerciali e dei risultati quantificati in Bolívares. Ciò include l’interesse e la pretesa di incassare e garantire i profitti realizzati in dollari e, se necessario, di portarli all’estero. Questo interesse, che è contrario all’interesse dello Stato di sfruttare le proprie entrate monetarie in dollari per la costruzione e lo sviluppo della Nazione, è tollerato dal governo nei primi anni, autorizzando la conversione illimitata della moneta nazionale in dollari. Questa libertà viene limitata dalle restrizioni governative riguardanti il libero scambio di Bolívar in dollari che vengono applicate dopo il colpo di stato del 2003 e la successiva fuga di capitali – il governo non vuole semplicemente più permettersi di dare i suoi petrodollari a imprenditori che li trasferiscono incontrollatamente all’estero.
Se e in quale misura un imprenditore possa ottenere per le proprie attività una valuta estera, cioè dollari, dipende dall’approvazione dell’autorità di controllo valutario [ 16 ] che decide in base a criteri politici se le necessità di importazione di un’impresa rappresentano anche una necessità sociale voluta dallo Stato. Al fine di stimolare appunto queste importazioni di priorità sociale, il governo stabilisce anche diversi tassi di cambio Dollaro-Bolívar, a seconda dei beni per i quali le sue società di importazione richiedono denaro mondiale: più le importazioni soddisfano gli interessi di approvvigionamento nazionale (farmaci, cibo, ecc.), più dollari le società ricevono per i loro Bolívar. Così, a volte coesistono fianco a fianco diversi tassi di cambio. Gli utili realizzati in Venezuela possono essere convertiti in valuta estera ed esportati solo fino ai limiti stabiliti dallo Stato.[ 17 ] Tali normative, ritenute dannose al loro interesse, incoraggiano gli imprenditori ad eluderle con ogni tipo di manovra possibile. Nei casi in cui gli imprenditori non ricevono il permesso di poter fare affari con un certo tipo di merci o quando il denaro mondiale gli serve per assicurare i profitti realizzati, loro vendono le merci e si procurano dollari sul mercato nero, che come risultato del controllo dei cambi statali guadagna rapidamente slancio: anche se in confronto al tasso/corso ufficiale, si pagano più Bolívares per comperare Dollari, lì sono almeno disponibili.[ 18 ]
Il deflusso dei dollari statali permanente e in continua crescita significa che il rapporto tra afflusso e domanda si sta trasformando in una permanente mancanza di dollari nello stato, il che si sta già facendo sentire in un momento in cui il prezzo del petrolio è ancora relativamente alto – il merito di credito (la solvibilità) dello Stato venezuelano ancora esistente lo aiuta a sopportare per il momento il problema, ma è sempre più sotto pressione.[ 19 ] Il governo sta rispondendo al calo delle sue attività denominate in valuta estera con un impiego sempre più restrittivo dell’assegnazione di dollari a favore dell’economia di importazione, con il risultato che il mercato nero diventa sempre più un indicatore della crescente sfiducia del mondo degli affari nel potere monetario globale del suo Stato e quindi nella capacità economica della moneta nazionale: Ogni giorno lo Stato compensa la svalutazione progressiva del Bolívar, cosicché il rapporto di cambio fissato dallo Stato è sempre più imbarazzante e costoso. Il governo sta cercando di contrastare il calo del valore del suo denaro con acquisti di sostegno – sacrificando la sua ormai scarsa valuta estera per sostenere un tasso di cambio che il mondo degli affari considera da lungo tempo “artificiale” – e di contrastare i graduali cicli di svalutazione, dimostrando con le sue contromisure il contrario e alimentando così ulteriormente la diffidenza dilagante nei confronti del Bolívar.[ 20 ] Da un lato, tutto questo è una testimonianza degli sforzi del potere statale di influenzare le decisioni commerciali delle aziende in modo tale che i loro interessi di profitto e gli interessi politici dell’amministrazione siano conciliabili. D’altro canto, tuttavia, e soprattutto, l’incompatibilità dei due punti dimostra che non esiste un tasso di cambio del dollaro con il quale il Bolívar abbia un rapporto realmente uguale, funzionando come mezzo di produzione redditizio su scala internazionale.
Una parte dell’economia importatrice cerca di rivalersi delle difficoltà di acquisizione di dollari capovolgendo del tutto il rapporto tra le attività di importazione e la valuta estera necessaria: le aziende richiedono dollari per un’importazione che, dopo il permesso delle autorità, non avviene affatto. In questo caso guadagnano dollari senza alcuna attività di importazione, solo fingendola, cioè direttamente e completamente contro qualsiasi intenzione che lo Stato venezuelano associa alla licenza di importazione: I dollari, non appena disponibili, vengono accantonati o venduti sul mercato nero o portati all’estero.[ 21 ] Questa sostituzione delle transazioni di importazione con una pura caccia al dollaro potrebbe essere basata sulla difficoltà da parte degli imprenditori impegnati in questo campo di guadagnare e moltiplicare i dollari con transazioni legali. Però tutto sommato, essi praticano il giudizio politico-economico che l’economia venezuelana non è idonea per un impiego redditizio di dollari, con cui opera dappertutto ma che non riesce a guadagnare in modo capitalistico.
La crescente restrizione dell’accesso al dollaro con il contemporaneo declino del valore della moneta nazionale non è solo una questione fondamentale per l’economia di importazione, da cui dipendono anche le aziende che ancora producono.[ 22 ] Tutto il mondo imprenditoriale nazionale o straniero perde il senso e lo scopo delle sue attività commerciali in Venezuela e soprattutto in relazione al denaro nazionale venezuelano. Di conseguenza, ulteriori attività commerciali chiudono i loro impianti o interrompono la produzione e le merci ancora prodotte nel paese o importate dall’estero non vengono più vendute in cambio di denaro nazionale, che ha sempre meno valore, e ancor meno ai prezzi fissati dallo Stato, ma all’estero o sul mercato nero – un modello di business a cui anche le cooperative si vedono sempre più indotte, perché altrimenti non potrebbero sopravvivere economicamente. Inoltre, l’approvvigionamento alimentare della popolazione sta diventando sempre più precario [ 23 ] – e nella misura in cui lo Stato non può colmare le lacune con le proprie importazioni a causa della stretta del dollaro, l’approvvigionamento di gran parte della popolazione crolla. Una parte considerevole della popolazione sta fuggendo dal sempre più drammatico stato di emergenza nei paesi vicini – circa due milioni di persone hanno già lasciato il paese per recarsi in Colombia e in Brasile – e il resto sta cercando di ottenere ciò di cui ha bisogno oltre confine nei paesi vicini.
Pertanto, l’impegno di coinvolgere le imprese private a sostenere e sviluppare il paese e il benessere del popolo, di compensare le tensioni e gli antagonismi con le entrate di petrodollari si conclude in modo catastrofico per la popolazione : Il dollaro, base e sostanza elementare dell’economia nazionale, è altrettanto distruttivo per essa, in quanto il mondo degli affari impiega gli standard di riproduzione capitalistica in esso incarnati contro un’economia che non è all’altezza di queste richieste, che ha piuttosto vissuto interamente dalla volontà e dalla capacità dello Stato di alimentare la sua società con i dollari guadagnati all’estero.
6. Il capitale finanziario completa la rovina del ‘socialismo bolivariano’
In ultima analisi, il tutto diventa insostenibile nel momento in cui le entrate pubbliche derivanti dalle vendite di petrolio diminuiscono in modo considerevole. Da un lato, l’aggravarsi della carenza di valuta estera comporta la necessità di preservare e gestire gli impianti di produzione petrolifera, un fatto che lo Stato venezuelano stesso non è in grado di garantire e che quindi richiede capitali e valuta estera. Fin dall’inizio del progetto chavista questo impiego del denaro mondiale sta in concorrenza con gli obiettivi e le valutazioni del governo riguardanti il finanziamento del suo ambizioso programma di sviluppo. D’altra parte, il calo del prezzo del petrolio a un terzo rispetto a quello della metà del 2014 e di conseguenza il calo delle riserve valutarie dello Stato aggravano la situazione: la compagnia petrolifera statale non è più in grado di mantenere attivi i campi petroliferi, il che ne riduce drasticamente lo sfruttamento, e le esportazioni di petrolio crollano in modo massiccio anche in termini di volume. Il rapporto tra ricchezza petrolifera e il programma statale è invertito: le entrate in valuta estera provenienti dal settore petrolifero dovrebbero fornire i fondi per il progetto chavista, in questa situazione però non sono più le vendite di petrolio che sostengono lo Stato e il suo programma di cambiamento, ma lo Stato deve sovvenzionare la sua compagnia petrolifera, riducendo ulteriormente le scorte di dollari per evitare che questa unica fonte di denaro reale si prosciughi completamente. La caduta del prezzo del petrolio rivela in modo distruttivo che la libertà dello Stato, basata sui petrodollari, di costruire una nazione sovrana dipende completamente dalle economie e dai soggetti del mercato mondiale [ 24 ] – la caduta del prezzo distrugge definitivamente il bilancio nazionale.
L’esecuzione di questa sentenza è riservata al capitale finanziario internazionale. Questo svolge un ruolo decisivo sia nella costruzione che nel declino del progetto di Chávez: il suo giudizio sulla sostenibilità del debito pubblico decide in ultima analisi se il paese dispone di denaro reale o se è economicamente finito. Il debito in dollari – che è stato concesso ampiamente non solo all’inizio, ma anche in tempi di ristrettezza e sempre più aumentato in seguito alle richieste statali dà al governo la libertà finanziaria per lanciare e proseguire il suo ambizioso programma. D’altra parte, l’obbligo di servire permanentemente i crediti acquistati in questo modo rappresenta una rivendicazione sempre maggiore nei confronti delle riserve di valuta estera che nello stesso tempo sono in costante diminuzione – l’uso dell’indebitamento che è stato dato al paese petrolifero dai capitalisti finanziari internazionali, perché era un ottimo affare, richiede il suo prezzo: i soggetti di questo affare richiedono un assoluto rispetto dei loro diritti, che si basano sulla potenza del garante americano del dollaro e di tutte le operazioni di credito a suo nome. In un primo tempo, l’industria del credito si arricchisce e approfitta anche notevolmente del declino economico del Venezuela rendendo più costosa la concessione di nuovi prestiti, il che fa sì che lo Stato abbia sempre più difficoltà di pagamento e che abbia inoltre sempre meno dollari a disposizione, del cui utilizzo ne potrebbe decidere liberamente – e infine l’industria del credito mette fine definitiva alla sua solvibilità.[ 25 ]
Mentre lo Stato venezuelano non si vede più in grado di pagare fornitori esterni, compagnie aeree, ecc. – per questo motivo le loro forniture cessano o non sono più disponibili e per i loro servizi insistono ad un pagamento anticipato – cerca allo stesso tempo, come meglio può, di adempiere all’obbligo di soddisfare le richieste del capitale finanziario e utilizza a questo scopo gran parte del reddito che gli è rimasto dalle vendite di petrolio: La lotta per il mantenimento di un residuo di solvibilità internazionale diventerà lo scopo dominante a cui gran parte delle riserve in valuta estera e oro sarà sacrificato.[ 26 ] La completa dipendenza del Venezuela dal capitale finanziario internazionale e dalla sua disponibilità alla ristrutturazione dei vecchi debiti e la concessione di nuovi prestiti dà in questa situazione di emergenza agli Stati Uniti, la potenza decisiva del capitale finanziario internazionale, un eccellente leva per rovinare definitivamente l’odiato governo venezuelano. Dalla fine del 2017, gli Stati Uniti hanno di fatto ostacolato gli sforzi di rifinanziamento del debito corrente dello Stato venezuelano, vietando alle loro banche e a tutte le istituzioni che hanno succursali negli Stati Uniti, vale a dire a tutte quelle che rivestono importanza in questo settore, di effettuare transazioni finanziarie con il Venezuela.[ 27 ] Il governo statunitense agevola ed intensifica la fine della solvibilità del Venezuela esercitata dal capitalismo finanziario internazionale – alla fine solo Stati come la Cina e la Russia sono disposti a fornire garanzie sui prestiti già in atto e finanziare nuovi prestiti, che si basano sulla promessa di esportazioni future di petrolio e lo sviluppo di riserve di petrolio non ancora sfruttate.[ 28 ]
Poiché con il dollaro il Venezuela perde l’unico denaro di indubbio valore che possiede, la moneta nazionale perde di conseguenza il suo accreditamento e il suo carattere e la sua funzione economica di mezzo di affari. Dopo la perdita della sua base economica in dollari, la moneta nazionale rimane un’etichetta del potere d’acquisto, che rappresenta politicamente solo la sovranità monetaria di uno Stato, che non può garantirne più una validità universale. L’”iperinflazione” fino al 1000 per cento all’anno indica che il Bolívar ha perso la sua qualità come mezzo di affari capitalista sostenuto dal dollaro, mentre allo stesso tempo lo Stato lo emette in quantità sempre maggiore. Per gran parte della popolazione, ciò significa che non può pagare i prezzi in costante aumento per i beni di prima necessità, ammesso che siano disponibili.
Così il popolo venezuelano, che il governo ha voluto incorporare nel suo progetto come elemento di sostegno e a questo scopo alimentato con diversi sussidi, lotta letteralmente per la sopravvivenza – come appendice alla lotta dello Stato per la sua solvibilità internazionale. Con una parte delle sue azioni in valuta estera, lo Stato mantiene una scarsa fornitura di beni importati che però non è sufficiente per la sopravvivenza e la cui distribuzione razionata è affidata ai militari. La doppia dipendenza del popolo dallo Stato e dello Stato dalla sua solvibilità si sta brutalmente affermando per le masse: il popolo è impoverito perché il programma statale ha perso i suoi mezzi, perché lo Stato ha perso il suo rating nel mondo finanziario internazionale.
Per il popolo non è stata quindi per niente una fortuna il fatto di essere stato promosso al rango di una risorsa nazionale e di essere stato dotato di ogni sorta di requisiti (istruzione, sussidi, mutua) e di capacità, ma che non hanno mai portato ad un suo impiego economico che avrebbe giustificato i molti dollari che lo stato ha speso per lui: Al contrario, la popolazione è stata così inclusa in un’economia di stato che gli ha permesso di ‘vivere al di sopra delle proprie possibilità’ per quanto riguarda la sua utilità capitalistica. Un fatto che, secondo tutti gli standard di Realpolitik, non è una accusa contro queste condizioni di vita, ma contro un livello di vita economicamente e politicamente ingiustificato. Questa sconfitta politico-economica viene appunto completata dal capitale finanziario riducendo o cancellando gli stanziamenti monetari ad un programma di riforma che si è rivelato rovinoso secondo gli attuali standard di successo capitalistico.
Questa è la fine dell’esperimento dei Chavisti di riassegnare “l’immensa ricchezza petrolifera del paese” al paese e la solidità finanziaria che ne deriva al suo sviluppo, cioè di usarla per il loro “socialismo bolivariano”: Il programma fallisce proprio per quel tipo di “ricchezza” di cui dispone. Ciò che alla fine dei conti si afferma come una mancanza di entrate statali derivanti dalla sua partecipazione al mercato mondiale sono in realtà le relazioni di potere economico e politico che sono incluse nella natura imperialista della categoria politico-economica “ricchezza petrolifera” e a cui il Venezuela è soggetto come “paese petrolifero”: Il suo alimento di base nazionale è il potere sovrano su una materia prima, la cui ricchezza viene valorizzata dai capitali internazionali che pagano per la fornitura del petrolio al padrone politico un prezzo, che dipende esclusivamente dai loro calcoli e dalla concorrenza da loro determinata; la sua libertà e i suoi limiti finanziari sono determinati dal capitale finanziario, che specula sul reddito nazionale così ottenuto, rende il paese dipendente da se e dal suo potere di capitale e che revoca il credito allo Stato se non soddisfa più le sue pretese; il governo politico di un paese petrolifero dipende quindi dall’interesse globale degli Stati imperialisti di poter possedere i mezzi elementari per la produzione della ricchezza capitalista, che creano nei loro paesi e da cui derivano i mezzi di potere con cui tengono sotto controllo i paesi fornitori di materie prime – inclusa la battaglia contro tutte le opposizioni ai poteri statali tradizionali da loro sostenuti.
La posizione della stampa borghese è che tutto questo deve portare per forza la “revolution bonita” alla sua meritata fine e che il suo fallimento parla analogamente contro il suo programma e a favore di un ragionevole adeguamento delle rivendicazioni politiche del “sovrano” venezuelano allo status che da sempre nel mondo capitalista è destinato a un paese petrolifero. Ma anche un “fallimento così giusto” ed evidente deve essere politicamente imposto. Questo è il ruolo e la responsabilità dell’opposizione interna, che viene promossa e sostenuta nella sua lotta per il potere, e degli Stati Uniti, che combattono il regime di Chávez fin dall’inizio e non si limitano a fornire un sostegno morale ai suoi oppositori politici nel paese.
7. La spietata lotta al potere per porre fine al ‘Chavismo’
Le manifestazioni degli oppositori politici e dei loro seguaci contro il governo e viceversa, le battaglie di strada con morti da entrambe le parti, le manovre democratiche per legittimare le relative rivendicazioni al potere, rispettivamente negare loro la legittimità, gli sforzi del governo e dell’opposizione per portare i militari dalla loro parte, gli appelli alla popolazione, il rifiuto di accettare i crimini delle rispettive correnti e di partecipare attivamente alla lotta contro di loro – tutto questo dimostra secondo l’opinione pubblica locale quello che sapeva già: Il regime di Chávez, Maduro e Co. è giunto alla sua giusta fine, e solo la loro fame di potere, che è sempre stata dietro tutto, e la lealtà dei militari, che può essere spiegata unicamente con la corruzione, impedisce l’abdicazione da lungo tempo attesa di una politica che crea solo caos e miseria per il paese e la popolazione.
A parte il fatto che per i politici ‘affamati di potere’ in Venezuela ci sarebbero stati modi molto più convenienti che crearsi con un ‘socialismo bolivariano’ un sacco di nemici in patria e all’estero, e anche a parte il fatto che è facile, in una lotta al potere, di scoprire un interesse a mantenere o a riconquistare il potere, ma attestare un tal interesse solamente ad una delle due parti è veramente assurdo. La cruda verità è che il programma politico è nel frattempo in gran parte assorbito dall’affermazione del potere che serve assolutamente per garantire l’attuazione del programma di riforma, a cui gli oppositori nazionali e stranieri sono stati ostili fin dall’inizio, contro cui hanno lottato tutto il tempo il più possibile e che hanno approfittato dell’aggravarsi delle difficoltà affrontate dal paese e dal suo popolo per la liquidazione definitiva dell’odiato regime. In questo modo contribuiscono a modo loro a questa escalation. Gli imprenditori radicalizzano il loro rifiuto di servire il programma socialista, spostandosi interamente verso imprese illegali e il contrabbando. I beneficiari politici della situazione catastrofica talvolta incendiano i magazzini e i trasporti di cibo per aumentare il bisogno nel paese, in modo che la popolazione finalmente non sia più in grado di sopportare la situazione, si distacchi quindi dal governo socialista che ha sostenuto in passato e apra all’opposizione la strada al potere. A tal fine, non si limita all’opposizione parlamentare, all’ostruzionismo e alla lotta in seno alle istituzioni per conquistare il potere contro il governo. Ma invia i propri sostenitori in piazza come testimoni dell’intollerabilità delle condizioni di governo e come truppe d’assalto per la caduta del governo chavista.
Da un lato, il governo si oppone a questo con polizia, militari e giustizia e dall’altro concorre con l’opposizione per il sostegno popolare accusandola, con la sua “guerra economica”, di essere in verità colpevole della desolata situazione del paese. Con i suoi slogan militanti, non cerca più di far leva sul valore e l’utilità del suo nuovo programma, ma soprattutto sulla condanna di un’opposizione finanziata dagli Stati Uniti e traditrice della patria e invita i sostenitori a difendere eroicamente le “conquiste rivoluzionarie” che non esistono più. Le masse popolari dovrebbero unirsi alla lotta al potere come attiviste e, in particolare, garantire la legittimità del governo con il loro voto elettorale. Ciò dovrebbe avvenire non solo mettendo la croce al posto giusto, come avviene di solito nelle elezioni, ma anche attraverso la partecipazione alle manifestazioni elettorali organizzate dal governo, che equivale a una impegno morale. Una partecipazione alle elezioni per un’assemblea costituente il cui compito principale è quello di sostituire e quindi rimuovere la maggioranza dell’opposizione in parlamento; alle elezioni locali boicottate dall’opposizione; a elezioni presidenziali anticipate, eccetera – e non partecipando al referendum popolare organizzato dall’opposizione per destituire il presidente e ad altre manovre simili.
In questo modo si scatena all’interno del paese una lotta per il proseguimento o la fine di un progetto “socialista” che nel frattempo consiste principalmente nel mantenere al potere quei rappresentanti politici che una volta volevano portare avanti il progetto di cambiamento, mentre i loro nemici cercano di forzare la loro liquidazione. La sopravvivenza formale del progetto chavista dipende dalle decisioni del popolo venezuelano se attestare al governo attuale le cause della depressione economica e della sua situazione di vita precaria o se considerare il merito del governo di far garantire dai militari una modesta distribuzione di generi alimentari alla popolazione. Almeno altrettanto decisivo è il secondo “fattore” nella lotta per il potere all’interno del Venezuela, l’esercito: dalla sua decisione di rimanere fedele al governo e di soffocare i tentativi più o meno violenti di destabilizzazione o di prestare ascolto alle rivendicazioni dell’opposizione e di cambiare parte dipende ancora il potere che il governo Maduro può affermare nei confronti del popolo e dell’opposizione.
Tuttavia, in riguardo a tutte le manovre politiche interne che costituiscono la lotta di potere nel paese, è chiaro che il destino del Venezuela è stato di gran lunga determinato da stranieri, dai soggetti imperialisti decisivi e dai loro calcoli politici – soprattutto da parte degli Stati Uniti, che non hanno mai fatto un segreto della loro ostilità nei confronti di un governo chavista sulla ‘soglia di casa loro’. Con una politica di sanzioni, di isolamento diplomatico, negazione della legittimità del governo venezuelano e di sostegno attivo dell’opposizione hanno sempre contribuito a ostacolarlo; ora stanno portando il declino del Venezuela verso una soluzione definitiva. Con quali strumenti imperialisti e in quale fase di escalation il governo statunitense li applicherà – dall’ultimo inasprimento delle sanzioni decretato per impedire il rifinanziamento del debito pubblico alla considerazione pubblica da parte di Trump di porre fine ai rapporti commerciali essenziali per la sopravvivenza del Venezuela fino ad una opzione militare – dipende interamente dai calcoli strategici anche per quanto riguarda la concorrenza che si sta diffondendo nel suo cortile. Soprattutto la Russia e la Cina sostengono (ancora) il Venezuela nella sua lotta per la sopravvivenza, tenendo conto dei propri calcoli economici e politici: Per i nuovi prestiti o la ristrutturazione del debito dei vecchi, prendono come garanzia le fonti di ricchezza del paese, concordando i diritti di sfruttamento a lungo termine dei pozzi petroliferi, ecc. La Russia ribadisce inoltre la sua cooperazione militare di lunga data con il governo venezuelano, comprese le basi navali e la fornitura di attrezzature militari.
Da parte della Russia e della Cina così come degli Stati Uniti è chiaro: far e lasciar morire di fame questo paese e lasciarlo fallire o mantenerselo come debitore, è sinonimo di garantirsi l’accesso ad esso – dal punto di vista sia economico che politico. Il progetto chavista di trasformare il Venezuela da paese totalmente dipendente dal mercato energetico mondiale dominato dagli Stati Uniti in un soggetto co-determinante della concorrenza sulla ‘ragion di Stato’ nell’America latina è così approdato al punto che il paese è completamente oggetto di una concorrenza imperialista, che calcola non solo economicamente ma anche strategicamente l’accesso alle fonti energetiche e valuta il paese come sfera di influenza politico-militare.
[ 1 ]Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista GegenStandpunkt Nr. 2-18, settembre 2018.
Il programma del ‘socialismo bolivariano’, i suoi scopi, strumenti, contraddizioni e avversari sono descritti in dettaglio nel GegenStandpunkt 1-07: ‘Sterzata a sinistra nell’America Latina: l’insurrezione del Venezuela nel cortile degli USA’ – vedi: https://it.gegenstandpunkt.com
[ 2 ]“Ancora negli anni Venti del secolo scorso il petrolio non aveva alcuna importanza. I principali prodotti di esportazione erano caffè, cacao, bestiame, zucchero, tabacco e cuoio. Già nel 1929 il Venezuela fu il secondo produttore di petrolio dopo gli Stati Uniti e il più grande esportatore di petrolio del mondo. Con uno sviluppo industriale spettacolare, il settore petrolifero presto dominò tutti gli altri settori economici del paese. Con l’espansione della prospezione petrolifera, l’agricoltura è stata in gran parte abbandonata... Tra gli anni ’50 e i primi anni ’80, l’economia venezuelana ha conosciuto una crescita che ha attratto molti immigrati [che hanno ipotizzato di poter partecipare come lavoratori alla prosperità del petrolio, d. V.]. Negli anni ’70 il Venezuela ha beneficiato dell’elevato prezzo del petrolio e le eccedenze hanno permesso al governo di contrarre prestiti all’estero. Caduta dei prezzi del petrolio ... Debiti non più abbordabili ... Venerdì Nero’... condizioni neo liberali della FISM... Durante la caduta del prezzo del petrolio negli anni ’80, l’economia si è contratta e l’inflazione è esplosa, raggiungendo un picco del 84% nel 1989 e del 99% nel 1996, tre anni prima che Hugo Chávez assumesse l’incarico di presidente. (tradotto liberamente da Wikipedia, s. v. Economía de Venezuela)
[ 3 ]Da quando lo sfruttamento dei pozzi petroliferi per il bilancio dello Stato (l’industria petrolifera è stata nazionalizzata già nel 1976, le multinazionali straniere hanno mantenuto le loro quote nei campi petroliferi), la prestazione produttiva dell’economia venezuelana è stata quasi interamente dipendente dai dollari del petrolio che scorrono nel paese, oltre ai soliti grandi proprietari terrieri (soprattutto l’allevamento del bestiame). Alcune imprese hanno operato come fornitori per la produzione di petrolio o come trasformatori (ad esempio, fabbriche di valvole, raffinerie), molte imprese hanno guadagnato denaro grazie alla capacità di acquisto sorta nel paese: la produzione alimentare si basa principalmente sulle importazioni dagli Stati Uniti (tra cui: Kellogs, Heinz, Parmalat, Coca-Cola, McDonalds) e sul capitale commerciale internazionale e nazionale. Per General Motors e Toyota, il mercato venezuelano è stato così redditizio che hanno costruito in Venezuela i propri impianti. L’economia, così alimentata dal pozzo petrolifero, è stata favorita dalla presenza di quasi tutte le maggiori banche internazionali nelle principali città venezuelane. Negli anni ’80, la compagnia petrolifera nazionale PDVSA ha acquisito la società statunitense Citgo, ottenendo così raffinerie e una delle più grandi reti di stazioni di servizio degli Stati Uniti. I capitali esteri e nazionali provenivano anche dallo sfruttamento di altre risorse minerarie (tra cui la bauxite e l’oro) e dalla lavorazione di materie prime ad alta intensità energetica (tra cui l’acciaio e l’alluminio). In Venezuela, grazie anche a sovvenzioni statali, singole aziende hanno raggiunto una competitività a livello internazionale – il paese aveva con SIDOR la più grande acciaieria in America Latina. Nel complesso, tuttavia, si tratta di isole sovvenzionate che sono direttamente o indirettamente derivate dal settore petrolifero o dalle entrate del petrolio dello Stato. E intorno a tutto questo, si è creato nel Paese un potente settore di comunicazione, meritevole dell’intrattenimento delle masse e della corretta interpretazione degli eventi della nazione, soprattutto durante le elezioni annunciate a rotazione, dalle quali gli unici due partiti rilevanti, che si reclutavano dalla classe dirigente, sono emersi alternativamente come vincitori.
[ 4 ]Questo le ha subito fatto guadagnare l’ostilità, soprattutto degli Stati Uniti, che da allora sta diventando sempre più feroce. Il Venezuela è stato immediatamente oggetto di un embargo completo sulle armi da parte del suo precedente principale fornitore, gli Stati Uniti. Un fatto che i produttori spagnoli di aerei e quelli russi di armi e attrezzature militari sono stati lieti di cogliere come un’opportunità per combinare buoni accordi in dollari con l’influenza politica nel cuore del cortile degli Stati Uniti.
[ 5 ]Questo obiettivo si ritrova ancora nei discorsi del successore di Chávez, Maduro, in un momento in cui da tempo si è ridotto a un ideale lontano dalla realtà: E arrivato il tempo di “realizzare un ‚modello di produzione industrializzato socialista’. Noi capiamo molto bene cosa significa questo, e ci vorrà molto lavoro per trasformare l’economia venezuelana in una forza sostenibile nella promozione dell’occupazione, aumentando la diversità dei nostri sforzi di produzione, aggiungendo valore alle nostre merci e socializzando i nostri mezzi di produzione”, ha detto Maduro nel suo discorso. Ha continuato:”Si tratta di costruire un potere economico venezuelano come potenza energetica, agricola e industriale, ora e per il futuro”. (America21.de, 25.02.14)
[ 6 ]“L’alleanza intorno al presidente Hugo Chávez” voleva installare “un ... modello economico eterodosso, in cui doveva essere utile per i venezuelani produrre invece di importare. Oltre all’imprenditoria manifatturiera che sostenne massicciamente la campagna dell’allora outsider politico Chávez, secondo la costituzione adottata nel 1999 sia le organizzazioni aziendali democratiche come le cooperative avrebbero dovuto diventare la base per un nuovo tentativo di sviluppo del paese tramite una sostituzione delle importazioni. Chávez ha parlato di una ‘terza via’.” (America21.de, 06.12.13)
[ 7 ]In 16 anni il PDVSA contribuirà con 178 miliardi di dollari a fondi stanziati per programmi sociali e con 86 miliardi di dollari per grandi programmi infrastrutturali, per l’industria energetica, ecc.
[ 8 ]Il prezzo del petrolio, in forte aumento negli anni successivi, fu un colpo di fortuna speciale per il governo: con l’aumento delle entrate petrolifere il Venezuela possiede risorse crescenti per le intenzioni alternative che i seguaci di Chávez perseguivano con loro.
[ 9 ]Fino al 2013, il mondo finanziario si rallegra: “Grazie all’aumento dei prezzi del petrolio, Chávez è stato in grado di permettersi di soddisfare i suoi obblighi di pagamento. Il prezzo del barile di greggio è salito dai 12 dollari del 1998 agli attuali 97 dollari. Il governo guadagnerà circa 81 miliardi di dollari in esportazioni di petrolio quest’anno – dieci volte l’interesse dei titoli emessi e dei rimborsi dovuti, secondo i dati di Citigroup Inc. Con il 22% del prodotto interno lordo, il debito pubblico netto è significativamente inferiore al livello mediano del 36% in paesi comparabili, afferma Standard & Poor’s. Sebbene Chávez abbia descritto le obbligazioni come uno strumento degli Stati Uniti per sfruttare il Venezuela, ha sempre nello stesso tempo adempiuto ai suoi obblighi. Anche quando uno sciopero nel 2003 paralizzò l’industria petrolifera per tre mesi e provocò una contrazione dell’economia del 7,6% in quell’anno”. (format.at, 31.01.13) Il fatto che la solvibilità del paese non sia garantita dai servizi e resultati della sua economia, ma dalle “maggiori riserve petrolifere del mondo”, offre al capitale finanziario internazionale in cerca di investimenti l’interessante combinazione di tassi di interesse relativamente elevati e di una relativa sicurezza basata sulle entrate petrolifere statali, che altri paesi emergenti o in via di sviluppo non hanno da offrire:
”Negli ultimi anni, gli investitori hanno prestato sempre più denaro ai paesi in via di sviluppo a causa dell’elevata liquidità sui mercati finanziari internazionali e dei bassi tassi di interesse nei paesi industrializzati. Il Venezuela, in particolare, è stato a lungo considerato un debitore stabile. Il paese ha le più grandi riserve di petrolio del mondo e ha sempre pagato il suo debito”. (NZZ, 11.04.17)
[ 10 ]Il governo venezuelano è stato quindi in grado di attuare il suo programma alternativo senza ricorrere all’FMI e alla Banca mondiale e quindi senza interferenze da parte delle istituzioni internazionali di vigilanza.
[ 11 ]La maggior parte dei titoli di debito pubblico sono denominati in Bolívares, hanno una scadenza breve, generalmente tre mesi, offrono un tasso di interesse in cui il tasso di inflazione è valutato e sono quindi un investimento molto interessante che lo Stato non ha problema di promuovere e pubblicizzare. Una piccola percentuale, circa il dieci per cento, dei titoli di Stato nazionali ha un’attrattività più particolare: Essi sono da acquistare in Bolívares, ma integrano il diritto di essere pagati in dollari alla loro scadenza – un investimento particolarmente interessante per le imprese e privati e per molti uno dei pochi modi per ottenere dollari legalmente, motivo per cui la domanda regolarmente supera l’offerta; Per lo Stato, tuttavia, si tratta di una questione a doppio taglio, in quanto dimostra la sua potenza in dollari, vale a dire la base per l’affidabilità del suo denaro così come dei suoi debiti, ma allo stesso tempo crea in tutto il mondo dei diritti nel confronto del suo reddito in dollari che lo Stato venezuelano deve essere in grado di permettersi.
[ 12 ]Il gruppo edilizio brasiliano Odebrecht e lo stato cinese in particolare stanno assumendo progetti infrastrutturali venezuelani su larga scala e si fanno pagare in dollari, che finanziano in anticipo come prestiti, o, come la Cina, in titoli azionari sulla produzione futura di petrolio: “Uno dei principali investimenti è la costruzione di due linee della metropolitana nella capitale venezuelana Caracas dalla società brasiliana Odebrecht. Per questo progetto sono in discussione prestiti per 732 milioni di dollari USA.” (wirtschaftsblatt.at, 27.5.09) “La cooperazione strategica tra Venezuela e Cina è iniziata nel 2001 con l’istituzione da parte dei Presidenti Hugo Chávez e Jiang Zemin di una commissione per le consultazioni politiche e la cooperazione bilaterale. Da allora sono stati conclusi oltre 300 accordi in campo politico, economico, commerciale e culturale. Importanti pietre miliari di questa cooperazione sono state la messa in servizio dei due satelliti venezuelani “Simón Bolívar” e “Miranda”, la partecipazione della Cina al programma di costruzione di alloggi “Gran Misión Vivienda Venezuela” e la creazione del Fondo d’investimento cinese-venezuelano (FCCV), che dal 2009 finanzia oltre 200 progetti in diversi settori economici. (America21.de, 03.12.12)
[ 13 ]“Un enorme aumento della spesa pubblica ha permesso ai poveri di consumare di più, ma ha anche aumentato l’inflazione. La produzione interna è scesa al minimo storico, la dipendenza dal petrolio è più grande che mai. Ma la compagnia petrolifera statale è diventata un Ministero della Previdenza Sociale, che costruisce alloggi e che distribuisce beni alimentari sovvenzionati”. (tagesspiegel. de, 12. 4. 13) Se i poveri con decisione del governo e con i soldi dello Stato riescono a nutrirsi e ad avere un tetto sulla testa, allora gli esperti di un consumo davvero significativo denunciano immediatamente il tutto come un ‘consumismo folle’ e una governance impropria: una “compagnia petrolifera”, che opera per il “benessere sociale” – pazzesco!
[ 14 ]“Negli ultimi dieci anni, 4.000 aziende sono ‘scomparse’ in un Venezuela di governo socialista. Lo ha annunciato mercoledì Jorge Roig, Presidente dell’Associazione delle Camere di Commercio Venezuelane (Fedecamaras). Secondo lui, lo Stato si è ‘insediato’ in quasi tutti i settori del settore privato, con un risultato deludente: Queste aziende raggiungono ora solo il 50% della loro capacità totale. Dieci dei 16 zuccherifici del nostro Paese sono in mano allo Stato e rappresentano oggi solo il 48% della produzione operativa.” (latina-press.com, 29.11.13) Per un imprenditore il fatto che il Venezuela è “governato dal socialismo” è un’argomento del tutto sufficiente per giustificare la scomparsa delle imprese.
[ 15 ]Ad esempio, il fondo alimentare della compagnia petrolifera statale PDVSA è diventato il più grande importatore mondiale di latte in polvere.
[ 16 ]La Camera di Commercio Federale Austriaca informa i suoi esportatori sul suo sito web nel 2013: “Il Venezuela ha introdotto un rigoroso controllo dei cambi dal 2003, il che significa che gli importatori venezuelani devono richiedere dallo Stato la quantità di valuta necessaria per pagare il fornitore straniero prima della spedizione delle merci. Responsabile per queste operazioni è l’autorità di cambio statale CADIVI, che autorizza l’assegnazione di valuta estera dopo un esame dei fabbisogni della società venezuelana (mancanza di o inesistente produzione locale). Solo questa autorizzazione consente all’importatore, dopo aver completato correttamente la procedura di importazione e l’ulteriore procedura di richiesta con la CADIVI, di acquistare la valuta estera necessaria per il pagamento del debito di consegna dalla banca centrale venezuelana (a condizione che l’importatore abbia la liquidità adeguata) e di organizzare il trasferimento al fornitore estero. Il Centro per il Commercio Estero di Caracas segnala espressamente agli esportatori austriaci che nella procedura di richiesta con la CADIVI, ci possono essere ripetuti ritardi nell’assegnazione delle valute, a volte per anni, a seconda dei numerosi fattori da prendere in considerazione (priorità della politica commerciale delle merci importate, volume delle importazioni totali, livello delle entrate valutarie correnti del Venezuela, livello dei prezzi del petrolio, regolarità delle procedure amministrative, ecc.). Durante questo periodo l’importatore venezuelano non ha alcuna possibilità di regolare il debito estero esistente con la valuta estera ufficiale! Il fornitore, l’importatore e le missioni diplomatiche hanno scarsa influenza sullo svolgimento di queste procedure di candidatura. Tuttavia, si tengono regolarmente riunioni di lavoro tra le rappresentanze economiche dei paesi dell’UE e i vertici della CADIVI, durante le quali vengono discussi casi particolarmente difficili al fine di accelerare o concludere la rispettiva procedura amministrativa. I dipendenti del Centro per il Commercio Estero Caracas partecipano regolarmente a questi incontri in qualità di rappresentanti ufficiali dell’economia austriaca”. (Sito web della Camera federale dell’economia austriaca, 2013)
[ 17 ]Da allora, le compagnie telefoniche spagnole, i produttori di automobili giapponesi e le catene americane di vendita al dettaglio si sono lamentati di non essere stati autorizzati a trasferire i loro profitti guadagnati con il programma di sviluppo venezuelano alle società madri, ma di doverli accumulare in un Bolívar Fuerte in permanente svalutazione. Poi li investono – come desiderato dallo Stato – in titoli di Stato a breve termine ad alto rendimento ; oppure utilizzano– come indesiderato e vietato dallo Stato – il mercato nero per ottenere i prelibati dollari.
[ 18 ]Per gli importatori, il mercato nero costituisce anche un altro modello commerciale: anche le imprese che hanno acquistato valuta estera a un tasso ufficiale molto più favorevole utilizzano ancora il tasso del mercato nero come base per la determinazione del prezzo dei loro prodotti venduti sul mercato interno, esigendo così un multiplo di quanto hanno dovuto pagare in Bolívares per l’importazione – una pratica comune che dà un ulteriore impulso all’aumento generale dei prezzi.
[ 19 ]“‘Nonostante le enormi entrate supplementari derivanti dalla ‘bonanza’ petrolifera, il governo di Hugo Chávez non ha risorse sufficienti e deve sempre più aumentare i suoi prestiti per pagare la spesa pubblica. La spesa pubblica gonfiata sta esplodendo, in gran parte a causa della crescita incontrollata e non organizzata del governo. Siamo seduti su una bomba a orologeria. Lo stato sta commettendo un crimine contro questa e le generazioni future attraverso il prestito irresponsabile’, Leonardo Palacios, esperto venezuelano di finanza pubblica, ha detto…‘Il governo sta cercando di trasmettere un’immagine positiva della stabilità economica all’estero per ottenere il sostegno politico di alcune nazioni. Tutto ciò che è negativo è attribuito alla crisi del capitalismo. In realtà, manca una pianificazione reale e non c’è spazio di manovra per far fronte all’aumento delle spese’, afferma Palacios.” (Latina-press.com, 07.04.11)
[ 20 ]Uno dei tentativi del governo di combattere gli effetti distruttivi del mercato nero sulla propria moneta è quello di incriminare la pubblicazione dei prezzi del mercato nero.
[ 21 ]Quanto sia diffusa questa pratica si deduce dalle lamentele dello Stato: “In un discorso televisivo di domenica sera, Maduro ha nuovamente attaccato la pratica illegale, in cui alle imprese vengono assegnate valute estere dallo Stato al tasso ufficiale, per poi venderle sul mercato nero o vendere le merci importate a prezzi eccessivi. Solo un settore agisce in questo modo: la borghesia parassitaria’, ha detto il presidente, annunciando pene severe per i responsabili”. (America21.de, 04.12.14)
[ 22 ]“Nell’aprile 2016 la Polar ha dovuto interrompere temporaneamente la produzione di birra a causa della mancanza di orzo. Il governo non le aveva rilasciato le necessarie autorizzazioni d’importazione. Il Presidente Maduro ha accusato Polar di partecipare alla presunta guerra economica tra il settore privato e il governo socialista. La produzione è stata ripresa a inizio giugno grazie ad un prestito di 35 milioni di dollari della banca spagnola BBVA”. (Wikipedia, vedi Empresas Polar)
[ 23 ]“Il governo ha messo in atto un controllo dei prezzi che provoca . . carenze di prodotti di base quali latte, riso, farina, olio, medicinali, carta igienica, dentifrici e pezzi di ricambio per automobili”. (El País, 17.12.13) La ragione per cui il controllo dei prezzi provoca la “scarsità” denunciata è che le imprese reagiscono in modo tale da interrompere la loro attività di importazione o la produzione di questi “prodotti di base”, che sono elementari per l’approvvigionamento nazionale, e vendere i loro prodotti là dove non sono costretti a rispettare i vincoli statali sui prezzi.
[ 24 ]La seguente cronologia mostra da quali argomenti, calcoli e interessi contrastanti dipende lo strumento decisivo dello stato venezuelano: “Negli anni 2010-2014 la tecnologia di produzione di olio di scisto è stata sviluppata con successo negli Stati Uniti. Ciò ha portato a un nuovo boom petrolifero negli Stati Uniti e a una saturazione del mercato petrolifero statunitense. Nonostante l’eccesso di offerta del mercato petrolifero alla conferenza di novembre 2014, l’OPEC non aveva deciso un taglio della produzione. Sotto la guida dell’Arabia Saudita, questo ha segnato l’inizio di una ‘concorrenza ad eliminazione’. Il prezzo del petrolio è sceso da 100 a meno di 30 dollari al barile. Le società di perforazione e produzione di petrolio negli Stati Uniti hanno incontrato problemi finanziari e hanno fermato molti nuovi progetti di perforazione petrolifera. Analogamente, tutti gli altri paesi esportatori di petrolio, compreso la maggior parte dei paesi OPEC, hanno risentito di una pressione rovinosa sui prezzi, anche l. Ciononostante, la leadership dell’OPEC è rimasta ferma su questa politica di guerra dei prezzi. Il 2015 è stato un anno petrolifero estremamente economico. Il prezzo medio annuo è sceso a 52,30 UDS/bbl. Non si è mai verificato un calo così brusco dei prezzi nel giro di un anno. A fine anno il barile di greggio costava solo circa 35 dollari. Il livello di prezzo più basso degli ultimi 10 anni. L’anno petrolifero successivo, il 2016, è iniziato in modo ancora più catastrofico per l’industria petrolifera. A gennaio si è registrato un ulteriore calo dei prezzi del petrolio. Sono stati registrati nuovi minimi da 12 anni. BRENT e WTI sono scesi sotto i 30 dollari al barile, ai livelli del 2004. Inoltre l’embargo petrolifero sull’Iran fu revocato. Gli Stati Uniti abolirono anche il divieto di esportazione del petrolio alla fine del 2015. Di conseguenza, il greggio WTI può essere acquistato e rifornito nuovamente sul mercato mondiale, il che aumenta il prezzo del greggio WTI rispetto a quello del greggio BRENT. In occasione della conferenza di settembre ad Algeri, il cartello OPEC, di per sé contestato, ha sorprendentemente deciso di limitare la produzione petrolifera a meno di 33 milioni di barili/tonnellata. Nei difficili negoziati di fine novembre è stato infatti possibile raggiungere un accordo sulle quote di finanziamento applicate in gennaio. Conseguentemente il mercato petrolifero è stato alleggerito a partire da gennaio 2017 di 1,0-1,2 milioni di barili. Inoltre i paesi esportatori di petrolio non OPEC hanno promesso un contributo alla riduzione di circa 0,56 milioni di barili/tonnellata. Entrambe misure insieme dovrebbero eliminare nel 2017 l’eccesso di offerta dal mercato. Il prezzo medio annuo del barile di greggio è stato nel 2016 pari a 44,5 dollari”. (tecson.com)
[ 25 ]Una tale situazione di emergenza nazionale può anche essere trasformata in un’occasione per gli investitori propensi al rischio: “Dalla scorsa settimana ci sono stati segnali crescenti che il Venezuela potrebbe diventare il più grande fallimento statale della storia economica. Martedì scorso l’agenzia di rating S&P ha classificato il merito di credito a lungo termine delle obbligazioni in valuta estera come un inadempimento parziale. Nel complesso, sono in gioco obbligazioni e tassi di interesse per circa 170 miliardi di dollari, che il paese non è più in grado di saldare perché non genera abbastanza valuta estera. Il fallimento argentino 16 anni fa riguardava una somma di 100 miliardi dollari. Ma lo scenario non scoraggia gli investitori privati. Al contrario, negli ultimi giorni hanno acquistato massicciamente obbligazioni dal Venezuela e dalla compagnia petrolifera statale PDVSA”. (NZZ, 15.11.17)
[ 26 ]“L’opposizione venezuelana mette in guardia la Deutsche Bank da sottoscrivere un accordo sull’oro con il governo socialista del paese in crisi, che ha urgente bisogno di nuove valute. Secondo i rapporti, nel 2016 sono già state effettuate operazioni di swap in cui la banca centrale presta riserve auree a un’altra banca per un determinato periodo di tempo e riceve in cambio valuta estera. In una lettera, nota all’Agenzia di stampa tedesca dpa, al CEO della Deutsche Bank, John Cryan, il presidente del parlamento Julio Borges, chiede che non si giunga a un accordo come quello visto che il presidente Nicolás Maduro sta dando vita ad una dittatura.” (n-tv, 23.04.17)
[ 27 ]“Il governo venezuelano ha le mani legate. Dopo le elezioni chiaramente falsificate dell’Assemblea costituente alla fine di agosto, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni al Venezuela. Da allora, alle banche americane non è più consentito acquistare o scambiare nuove obbligazioni venezuelane. Ciò vale anche per i fondi o le istituzioni che hanno filiali negli Stati Uniti. I canali di rifinanziamento all’estero sono così bloccati.” (NZZ, 15.11.17)
[ 28 ]“La Russia aveva già segnalato in passato che avrebbe potuto concedere una tregua al Venezuela e che avrebbe potuto svolgere un ruolo chiave nella crisi. La compagnia petrolifera semipubblica Rosneft partecipa allo sviluppo dei giacimenti petroliferi in Venezuela. In ottobre, Maduro ha chiesto alla Rosneft altri miliardi di aiuti – e in cambio ha promesso partecipazioni in altri cinque giacimenti petroliferi”. (Specchio in linea, 3.11.17) Nella sua disperata ricerca di fonti di valuta estera il governo sta ora perseguendo l’idea di una moneta crittografata che è ‘coperta’ dalla ricchezza petrolifera virtualmente stimata – le ‘più grandi riserve di petrolio del mondo’ ancora in sonno nel terreno – e ha lo scopo di attirare gli investitori internazionali.